Tessile: fino al 9% degli abiti distrutti prima dell’uso

abiti distrutti

L’assurdità di un modello economico lineare incentrato esclusivamente sulla contrazione dei costi di produzione è ben rappresentata da ciò che avviene nel tessile. Un settore in continua espansione, grazie al connubio tra fast fashion e commercio on line. Ma la comodità del “compra, prova e restituisci” cela impatti ambientali enormi. Ne troviamo l’ennesima dimostrazione in un recente studio dell’European Environment Agency. Il report stima che tra il 4 e il 9% degli indumenti commercializzati in Europa vengono distrutti senza essere mai utilizzati. In termini assoluti, parliamo di una forchetta che va dalle 264 mila alle 594 mila tonnellate tra abiti, accessori e scarpe invenduti o restituiti che finiscono in discarica. Uno spreco che sarebbe responsabile della emissione di 5,6 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. Per avere un’idea, si tratta di un quantitativo di poco inferiore alle emissioni totali di un paese come la Svezia nel 2021.

La pratica di distruggere oggetti invenduti o restituiti non è nuova ma sembrerebbe avere avuto un ulteriore impulso dalla facilità di restituzione garantita da tutte le principali piattaforme di e-commerce. Questo perché la facilità di restituzione per il consumatore corrisponde a una complessità logistica notevole per il rivenditore, che magari coinvolge differenti magazzini di transito e stoccaggio. Il che significa tempi e costi che incidono sulla potenzialità concreta di poter rivendere l’oggetto. Specialmente se parliamo di prodotti che rischiano di diventare molto velocemente “fuori moda” o “fuori stagione”. E così una fetta considerevole dei vestiti restituiti non viene rivenduto. Il 20% degli abiti comprati on line viene restituito (tre volte di più di quelli comprati in negozio). E fino a un terzo di questi viene distrutto dal rivenditore.

Nel 2020, la percentuale di prodotti tessili e di abbigliamento venduti online era dell’11%. Nel 2009 era del 5%. Abiti, scarpe e accessori sono i prodotti fisici maggiormente acquistati on line. Nel 2022, gli articoli di questa categoria sono stati ordinati dal 68% dei consumatori che hanno fatto acquisti on line.

Secondo l’agenzia europea, bisogna affrontare il problema della sovrapproduzione e della distruzione dei prodotti nel settore tessile da un lato sviluppando nuovi modelli di business circolari e dall’altro introducendo specifici strumenti di policy. In questa direzione va il nuovo regolamento Ecodesign sul quale Consiglio e Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo in dicembre. L’Espr, ovvero Ecodesign sustainable products regulation, andrà a sostituire la vecchia direttiva del 2009 e prevede, tra le altre innovazioni, il divieto di distruzione di abiti, accessori e scarpe invendute. Divieto che sarà effettivo entro due anni dall’entrata in vigore del regolamento (entro sei per le piccole e medie imprese). Il regolamento prevede inoltre che produttori e rivenditori comunichino annualmente la quantità di prodotti invenduti distrutti. La Commissione Europea si riserva inoltre la possibilità di inserire in futuro altre tipologie di prodotti per le quali sarà vietato distruggere gli stock invenduti.


Articolo originale pubblicato sul sito del Circular Economy Network
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