L’Ispra ha presentato l’edizione 2024 del suo Rapporto rifiuti urbani dal quale emergono alcune tendenze positive e storiche criticità. Bene la raccolta differenziata, arrivata al 66,6% su scala nazionale, con sette Comuni su dieci che hanno superato il 65%. Bologna, con quasi il 73% di raccolta differenziata dei rifiuti urbani è il primo comune con oltre 200 mila abitanti a superare la soglia del 65%. Permangono, tuttavia, gli squilibri tra macro aree, con il Nord in vetta (73,4%) seguito dal Centro (62,3%) e dal Sud (58,9%). Ma sono proprio le regioni del Sud a far registrare una crescita dei volumi di raccolta più veloce: lo scostamento tra Nord e Sud si è ridotto di 4,5 punti, mentre quello tra Centro e Sud di 3,8. Sul podio delle Regioni più virtuose ci sono Veneto (77,7%), Emilia-Romagna (77,1%) e Sardegna (76,3%).
In dati assoluti, nel 2023 la produzione nazionale di rifiuti urbani si attesta a 29,3 milioni di tonnellate, con un aumento dello 0,7% rispetto al 2022. Aumento che coincide con quello del Pil. Nei Comuni più popolosi – in tutto 14 con oltre 200 mila abitanti – tra il 2022 e il 2023 si registra una sostanziale stabilità della produzione. Un dato che fa ben sperare nell’ottica di un disaccoppiamento tra crescita economia e produzione di rifiuti. Ricordiamo che il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti ha tra i suoi obiettivi quello di ridurre la produzione di rifiuti urbani del 5% per unità di Pil.
RICICLO AL 50,8%. DOBBIAMO RAGGIUNGERE IL 65% NEL 2035
La percentuale di riciclo dei rifiuti urbani è al 50,8%, in crescita dell’1,6% rispetto al 2022. Tuttavia, è una crescita non in linea con i target UE. Basti dire che dovremmo raggiungere il 55% già nell’imminente 2025. Per poi arrivare a un ben più ambizioso 65% nel 2035. Come evidenziato anche da Edo Ronchi, alla Conferenza nazionale sull’Industria del Riciclo, l’aumento dei volumi raccolti non si accompagna a un miglioramento della qualità dei materiali differenziati. Per migliorare la qualità della raccolta bisogna agire su più fronti: dalla tipologia di materiali immessi in commercio alla dotazione impiantistica fino, ovviamente, al contributo dei cittadini che dovrebbe essere inversamente proporzionale al loro livello di virtuosità nel conferimento dei rifiuti.
Se andiamo a “sezionare” il quantitativo avviato a riciclo, vediamo che c’è molta frazione organica (più del 41%) e per quasi un quarto carta e cartone (il 24,4%). E poi vetro (13,9%), legno il 6,6% e plastica (5,4%). Ancora troppi rifiuti, infine, finiscono in discarica: il 15,8%. Entro il 2035 al massimo il 10% del totale dei rifiuti urbani potrà essere smaltito in discarica.
UNA GESTIONE MIGLIORE SI TRADUCE IN UN RISPARMIO PER I CITTADINI
Complessivamente, gli impianti di trattamento di rifiuti urbani sono 656, più della metà al Nord (192 al Sud e 115 al Centro). Una migliore raccolta differenziata dovuta a una più capillare dotazione impiantistica si traduce in un risparmio dei cittadini. Come viene evidenziato in questo articolo dell’Huffington Post. “Nel 2023 il costo medio nazionale annuo pro capite di gestione dei rifiuti urbani è stato di 197 euro per abitante – scrive Antonio Cianciullo – Ma è una media che tiene assieme numeri significativamente diversi. Nel Centro Italia si pagano 233,6 euro per abitante, al Sud sono 211,4, al Nord 173,3. E dov’è che si fa più raccolta differenziata? A Nord. […] Naturalmente la raccolta in sé non basta: per dare una spinta all’economia bisogna usare il materiale raccolto, servono impianti di trattamento. Sui 656 impianti censiti nel 2023, 349 sono nelle regioni settentrionali, 192 in quelle meridionali, 115 in quelle centrali: più economia circolare costruisci attorno ai rifiuti meno paghi per la loro gestione”.