Ogni quanto cambiamo i nostri elettrodomestici?

di Stefano Leoni

Un recente studio pubblicato dall’Agenzia tedesca per l’ambiente, analizzando il periodo tra il 2004 e il 2012, ha rilevato che la durata di vita dei prodotti elettrodomestici si è accorciata: la media è di 13 anni e si è ridotta di 1 anno.

La ricerca, comunque, non ha fornito alcuna prova sul motivo. Rimane, quindi, valida la tesi di coloro che sostengono che il fenomeno è dovuto ad una obsolescenza programmata (in altri termini i prodotti sono appositamente progettati per rompersi dopo un certo periodo), ad una minore qualità dei prodotti o, più semplicemente, alla cosiddetta obsolescenza pianificata (i prodotti passano di moda).

In questo ultimo caso, il prodotto è ancora buono, ma il consumatore è intenzionato a cambiarlo perché non più percepito come utile. Questo comportamento, a sua volta, è dovuto al rapido avanzamento tecnologico oppure a nuove tendenze che rendono il bene non più “in”.

In attesa di uno studio di approfondimento per valutare il motivo dell’obsolescenza, l’Agenzia tedesca ha comunque anticipato che rispetto ai cosiddetti “grandi bianchi”e televisori si denunciano difetti entro i cinque anni rispetto ai dieci di prima. Per quanto riguarda i televisori con schermo piatto, nel 2012, il 25% è stato sostituito per malfunzionamento, mentre circa il 60% dei nuovi acquisti ha sostituito tv ancora funzionanti. Per i frigoriferi, le lavatrici e le asciugatrici la vita media si è accorciata di un anno, solo 1/3 dei nuovi acquisti nel 2012 ha sostituito macchine funzionanti, i restanti 2/3 hanno comprato un nuovo prodotto perché il vecchio risultava rotto. Per i notebooks il tasso di ricambio è di 5/6 anni di vita e il 75% dei consumatori lo cambia per rimanere al passo con i tempi.

Lo studio, dunque, accerta il maggior ricambio dei prodotti e si propone di approfondire le cause dell’aumento dei casi di malfunzionamento. Nel frattempo, l’Agenzia ha chiesto al governo federale di elaborare una proposta di legge riguardo ai regimi di garanzia dei prodotti e di stimolare i produttori verso beni di più lunga vita.

In Italia non esistono studi analoghi, ma questo non ci esime dal compito di far proprie alcune conclusioni. Poiché la globalizzazione ha reso accessibili gli stessi prodotti ai consumatori presenti in ogni paese, il dato relativo alla maggior frequenza di rotture degli elettrodomestici, fino a prova contraria, si deve ritenere valido anche per l’Italia. Probabilmente differenti saranno, invece, i comportamenti dei consumatori italiani, non solo per la diversa cultura, ma anche una crisi economica più dura da noi che in Germania.

Se si ritengono valide queste considerazioni, la ripresa economica prevista per l’Italia dovrebbe accelerare il ricambio di tali beni, ma anche generare un interessante flusso di rifiuti da elettrodomestici da dover gestire. Per non trovarci impreparati – e per prevenire la pesante piaga della cannibalizzazione che avviene nei centri di raccolta – dovremmo anche noi studiare gli andamenti sulla durata di vita di questi prodotti ed adottare le conseguenti misure per intercettare i flussi e sostenere l’industria del riciclo, del riutilizzo italiana.

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