di Toni Federico
La sessione negoziale del Gruppo ADP sulla piattaforma di Durban, tenuta a Bonn dal 19 al 23 ottobre, avrebbe dovuto intensificare il ritmo della semplificazione testo elaborato a Ginevra ad inizio anno, in modo che l’accordo potesse essere pronto per la COP 21 di Parigi da qui a cinque settimane.
La sessione ha preso le mosse dal testo che era stato commissionato ai co-presidenti alla fine dei Talks di Bonn di settembre (> vedi). Il documento dei co-presidenti conteneva un progetto di testo per l’accordo di Parigi, uno sulle relative decisioni per la gestione dell’accordo e un terzo sulle ambizioni pre-2020. Il risultato era raccolto in 20 pagine: nove su un progetto di testo dell’accordo, strutturato in 26 articoli e 11 pagine su un progetto di decisione che comprendeva i due filoni (workstream1 e 2) post e pre 2020.
Insoddisfatti del testo, piuttosto che concentrarsi sulle convergenze e sulle proposte ponte che emergevano dall’ incontro precedente, i delegati hanno scelto di impegnarsi in un esercizio di ricompilazione dell’intero articolato, che ha fatto perdere molti dei compromessi raggiunti nelle sessioni di giugno e settembre dell’ADP,riportandolo più vicino alle posizioni espresse a Ginevra in febbraio (> vedi).
Lunedì 19 le parti avevano convenuto di fare solo “inserimenti chirurgici” essenziali nel testo dei copresidenti, ma, negli innumerevoli gruppi spin-off tematiciche si sono succeduti in settimana, molti non hanno fatto altro che reintrodurre le proprie posizioni che ritenevano non rappresentate.
A fine settimana il risultato di questo processo è un testo pletorico, che comprende un’ipotesi di accordo di 31 pagine e 20 pagine di decisioni sulla attuazione, entrambi con più opzioni e una vasta gamma di idee contrastanti (> vedi). Il testo sul pre 2020 è stato incluso in un documento di otto pagine a parte (> vedi). I più ottimisti hanno sottolineato, come risultato tangibile di Bonn 3, che la struttura per capitoli dell’accordo, delineata dai co-presidenti, è rimasta sostanzialmente invariata.
La trasparenza è stata un’altra area di aspra contesa. Nonostante alcune richieste pressanti, i gruppi di spin-off sono stati chiusi agli osservatori, ad opera del Giappone, USA, Canada etc. (Umbrella Group). Questo ha ragionevolmente scontentato molti rappresentanti della società civile, che in varie sedi hanno ricordato che il protocollo di Kyoto fu in gran parte negoziato in plenaria e che la società civile svolge un ruolo importante nel valutare i progressi, e nell’indicare apertamente le responsabilità di ciascuno. Alla fine si è concordato che questo non si ripeterà alla sessione ADP di Parigi, dove gli osservatori saranno ammessi ai gruppi di spin-off, salvo veti espliciti.
La plenaria finale, a maggioranza, non ha voluto dare un nuovo incarico di semplificazione ai co-presidenti per costruire un nuovo testo. Si è chiesto invece al Segretariato di preparare un documento tecnico che individui le duplicazioni e le opportunità di razionalizzazione ma “senza modificarne il contenuto”. Il documento andrà così com’è all’ADP della prima settimana di Parigi per poi passare, nella seconda settimana, nelle mani della sessione finale ad alto livello che licenzierà l’accordo.A Bonn ci si è detti convinti infatti, che la volontà politica di raggiungere un buon accordo a Parigi esiste ancora, ma quanto sarà ambizioso l’accordo e se sarà pronto per l’attuazione, rimane più che mai in questione.
Il patto di Parigi conterrà un Accordo e un Testo di decisione. Alcuni avevano sperato in un ciclo virtuoso in cui i dettagli attuativi fossero contenuti in un Testo decisione concordato, consentendo in tal modo alla sessione finale ad alto livello di concentrarsi e di trovare compromessi sull’Accordo.
In sostanza, Bonn ha dimostrato che per raggiungere un buon accordo c’è ancora parecchia strada da fare anche se pensiamo che i dati di contesto sono tali che né Stati Uniti,né Cina, né tanto meno Europa e Francia, possono permettersi di far fallire questa COP senza un accordo. Nella plenaria di chiusura, la Presidenza francese ha invitato, come si usa, tutti i Paesi a prepararsi a Parigi “utilizzando tutte le forme di eventuali consultazioni che si possono stabilire tra di loro”. L’ambizione della Francia di licenziare un accordo storico sul clima, è un grande antidoto alle possibilità di un nulla di fatto. I governi avranno l’opportunità di confrontarsi ancora nella pre-COP convocata l’8-10 novembre a Parigi, nel G20 di metà mese in Turchia e nella riunione del Commonwealth a fine mese.