In occasione della chiusura della consultazione pubblica sulla Climate Law, Climact ha condotto un nuovo studio, promosso dalla European Climate Foundation, “Increasing the EU’s 2030 emissions reduction target”, che esplora tre possibili scenari di riduzione delle emissioni europee al 2030 fornendo anche alcuni obiettivi settoriali, cioè indicazioni sulla transizione, non solo tecnologica ma anche culturale, alla quale i diversi comparti saranno chiamati per contribuire al raggiungimento del target climatico.
In particolare i tre scenari di riduzione delle emissioni dell’UE al 2030 prevedono: un taglio del 55%, da raggiungere con un forte progresso tecnologico (Scenario 55% technology-focused) oppure con un progresso tecnologico più contenuto ma accompagnato da una transizione anche di natura sociale e culturale (Scenario 55% shared-effort); un taglio del 65%, nello scenario più ambizioso, da raggiungere con un progresso più spinto sia in tema di tecnologia che di stile di vita (Scenario 65%). Lo studio analizza nel dettaglio il contributo dei diversi settori (trasporti, industria, settore elettrico, edifici, agricoltura) in termini di progresso sia tecnologico che di natura sociale nell’ambito dei tre scenari, evidenziando anche la trasversalità e l’interdipendenza della transizione fra i diversi settori.
Il primo dei settori analizzati è quello dei trasporti, ovvero il comparto in cui oggi la decarbonizzazione appare più difficile e anche l’unico in Europa che ha visto crescere le proprie emissioni di gas serra dal 1990 a oggi. Per quanto riguarda il progresso tecnologico del settore, questo coinvolgerà soprattutto la mobilità elettrica, ma il vero game changer per il taglio delle emissioni consisterà nel cambiare l’approccio culturale alla mobilità, puntando ad una riduzione della domanda generale per i trasporti, in particolare dell’uso della macchina privata, in favore di una spinta verso la sharing mobility e lo shift modale a zero emissioni (es. bici).
Per quanto riguarda il comparto degli edifici, il requisito minimo comune a tutti gli scenari, nonché l’obiettivo prioritario per la decarbonizzazione del settore, riguarderà la riqualificazione profonda degli edifici (cd. deep renovation), che dovrebbe garantire un “fattore 4”, ovvero una riduzione del fabbisogno energetico dell’edificio almeno del 75%. Senza questo tasso e questa incisività nelle riqualificazioni, i potenziali di decarbonizzazione degli altri interventi per ridurre l’impatto energetico ed emissivo degli edifici (es. elettrificazione) risulterebbero limitati, soprattutto in relazione al fabbisogno di riscaldamento.
Per la decarbonizzazione del settore industriale, il driver più complesso e più determinante sarà il progresso tecnologico, il quale deve essere orientato all’economia circolare e alla funzionalità delle risorse, oltre che alla possibilità di catturare e stoccare il carbonio (CCS). Il progresso dovrebbe avvenire innanzitutto a livello di prodotto, ovvero di eco-design, prevedendo riduzioni dell’intensità di materia e un aumento considerevole della quota di materiale riciclato (es. almeno il 65% per l’acciaio e il 50% per il cemento e per tutte le altre industrie manifatturiere). Nell’ipotesi di un progresso tecnologico meno ambizioso, si dovrebbe assistere ad una maggiore circolarità e funzionalità sia del settore industriale in sé che negli altri settori economici (in primis edilizia e automotive), che si tradurrebbe in una minore domanda complessiva per il comparto industriale.
Lo studio affronta anche le emissioni del settore agricolo e forestale. In questo comparto gli autori segnalano un trade-off particolarmente evidente fra il contributo del progresso tecnologico e quello del cambiamento sociale e di stile di vita: qualora non si implementassero degli importanti cambiamenti di dieta, riducendo il consumo di carne (dall’11 al 32%, soprattutto quella proveniente da animali ruminanti) e aumentando il consumo di proteine di origine vegetale, per raggiungere l’obiettivo climatico si dovrà ricorrere ad un progresso tecnologico molto ambizioso per ridurre gli sprechi di cibo e aumentare la resa sia delle coltivazioni che della carne – senza ricorrere a fertilizzanti nocivi per il clima.
Infine, ma non per importanza, lo studio analizza la decarbonizzazione del settore elettrico quale comparto trasversale e fondamentale per la transizione di tutta l’economia. In tutti gli scenari il carbone esce dalla generazione elettrica intorno al 2030: secondo gli studiosi, mantenere il carbone nell’elettrico oltre quell’anno renderà impossibile raggiungere gli obiettivi di Parigi. Inoltre, per contenere la crescita del fabbisogno elettrico a fronte della maggiore elettrificazione dei consumi, sarà richiesta anche una transizione in termini culturali e di stile di vita (es. gestione dal lato della domanda). Per quanto riguarda le fonti rinnovabili, queste nel 2030 copriranno il 75% della generazione elettrica, con una crescita principalmente a carico dell’eolico e del fotovoltaico, che in uno scenario più spinto dovranno più che triplicare la loro crescita rispetto alla media degli ultimi anni.