L’UE mette un freno all’importazione di prodotti responsabili della deforestazione

Il Parlamento Europeo ha approvato a larga maggioranza il testo della proposta di regolamento per il contrasto alla deforestazione, che introduce nuovi criteri più stringenti sull’importazione di alcuni prodotti che possono potenzialmente essere responsabili di deforestazione e, quindi, di perdita di biodiversità e aumento delle emissioni globali di gas serra.

In Europa da diversi decenni le foreste sono in espansione: con 227 milioni di ettari (prevalentemente di conifere, seguite da latifoglie), oggi coprono il 35% del territorio europeo e sono perlopiù usate come riserva di legname. Grazie a questa crescita, ogni anno i sistemi forestali europei sequestrano all’incirca un decimo dell’anidride carbonica emessa da tutti gli altri settori. Tuttavia, secondo le stime della FAO negli ultimi trent’anni nel mondo sono stati persi 420 milioni di ettari di foresta tropicale, un’area più grande dell’Unione Europea stessa. L’Unione Europea ha in realtà contribuito indirettamente a questo fenomeno, attraverso le importazioni di particolari prodotti: l’olio di palma e la soia, da soli rappresentano i due terzi degli impatti di deforestazione generati indirettamente dalla Comunità Europea.

L’essenza del regolamento si concentra nell’obbligo di non esportare beni che siano stati prodotti in un’area deforestata dopo il 31 dicembre 2020 (quindi i beni prodotti su aree deforestate prima di tale data non subiranno alcuna restrizione): per deforestazione si intende la conversione di aree forestali ad aree ad uso agricolo. Dopo una approfondita analisi comparativa dei costi e dei benefici, è stato deciso che i beni inclusi in questo regolamento sono: olio di palma, carne bovina, caffè, cacao, soia, legname, gomma naturale. Sono inclusi anche i beni che sono stati prodotti a partire da queste materie prime (ad esempio cioccolato, pelle, mobilio).

Da un punto di vista operativo, il regolamento delinea requisiti di due diligence da sottomettere a produttori e trader che vogliono vendere i loro prodotti in Unione Europea. Gli operatori devono fornire una serie di informazioni per dimostrare che i prodotti o i beni importati in Europa siano effettivamente non provenienti da terre deforestate dopo il 31 dicembre 2020, tra cui: descrizione e quantità delle commodities e dei prodotti importati, il Paese di provenienza e le coordinate delle terre di produzione, i contatti dei fornitori, etc.

Gli operatori devono anche redigere un risk assessment che possa accertare che il rischio che il prodotto non sia compliant con i requisiti europei sia trascurabile e, qualora non lo fosse, andrebbero indicate le opportune misure di mitigazione del rischio. I requisiti richiesti variano anche in base a quanto il singolo paese considerato è a rischio deforestazione.

I tempi di adeguamento per le imprese ai requisiti della direttiva variano dai 18 mesi per le imprese medio grandi fino ai due anni per le imprese più piccole. Tutte le informazioni dovranno comunque essere fornite su un portale online sviluppato dall’UE entro e non oltre quattro anni dall’ingresso della legge in vigore.

La legge è stata accolta positivamente da importanti organizzazioni ambientaliste come Greenpeace e il WWF e anche da alcune grandi aziende che stavano già facendo degli sforzi significativi per ridurre l’impatto dei propri prodotti sulla deforestazione tropicale. Ovviamente, sono state sollevate diverse critiche dai principali Paesi produttori – come Indonesia, Brasile, Argentina, Malesia e Nigeria – che hanno accusato la legge di essere «unilaterale discriminatoria, protezionista e poco pratica». Qualche critica ha riguardato anche le possibili difficoltà che potrebbero avere i piccoli produttori agricoli nel rispettare i nuovi obblighi di due diligence imposti dall’Unione Europea o per la mancanza di attenzione alla protezione delle comunità indigene e delle comunità locali. Infine, è stata sottolineata negativamente la mancanza di attenzione del regolamento verso altri ecosistemi minacciati, come quelli di Savana e le Zone Umide.

In ogni caso l’Europa, il secondo importatore mondiale di prodotti a rischio deforestazione, attraverso questo regolamento, ha voluto dare un segnale: le economie industrializzate non possono più ignorare gli impatti indotti dai loro consumi anche al di fuori del proprio territorio.

di Virginia Ferruccio
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