di Edo Ronchi
Avevamo chiesto di indicare anche come si intendesse rispettare il target della riduzione di oltre l’80% delle emissioni di gas serra al 2050, in linea con l’Accordo di Parigi per il clima, per contenere l’aumento della temperatura “ben al di sotto dei 2°C“.
La nuova SEN indica le misure che al 2030 dovrebbero portare ad una riduzione della CO2 per gli usi energetici del 39% rispetto al 1990 (il Consiglio nazionale della green economy nella sua proposta di Programma di transizione alla green economy aveva chiesto un taglio del 50% dei gas serra) e al 2050 ad una riduzione solo del 63% : una traiettoria ,in linea con il pacchetto europeo al 2030, ma insufficiente per il target di Parigi.
La scelta del rinvio di misure più impegnative è per ora largamente prevalente a livello europeo e internazionale : la somma degli impegni nazionali di riduzione delle emissioni presentati dai vari Paesi non è, infatti , in linea con la traiettoria “ben al di sotto dei 2 °C” di Parigi.
La posizione “attendista” prevalente è oggetto di un acceso dibattito internazionale che punta a farla correggere alla prima verifica dell’attuazione dell’Accordo di Parigi, prevista per il 2020. Nicolas Stern – economista della Banca Mondiale – nel suo libro “Why are we waiting?” aveva già lanciato un vero e proprio allarme per i danni e i rischi che derivano dal rinvio delle misure di riduzione dei gas serra necessarie per non superare la soglia dell’aumento medio delle temperature di 2°C : il ridotto taglio delle emissioni di gas serra – che permangono in atmosfera a lungo- comporta un aggravamento della crisi climatica in corso e quindi un aumento dei costi da sostenere per far fronte ai danni che provoca; il rinvio di tagli più impegnativi di emissioni aumenta notevolmente i rischi di non riuscire a limitare l’aumento delle temperature sotto la soglia critica dei 2 °C, con possibili danni gravissimi.
Con gli attuali impegni nazionali dichiarati, già al 2030 verrebbe esaurito l’80% del budget di carbonio disponibile per restare , col 66% di probabilità , al di sotto dell’aumento di 2 °C (UNEP, The emissions gap , Report 2017); quello di 1,5°C, al 50% di probabilità , sarebbe interamente esaurito. Con il taglio insufficiente delle emissioni mondiali previsto dagli attuali impegni nazionali, il budget disponibile verrebbe consumato – e quindi il tetto dei 2°C verrebbe con alta probabilità superato- ben prima del 2050 e si andrebbe, secondo l’UNEP , verso un aumento medio globale delle temperature di 3,2 °C , ritenuto dal mondo scientifico insostenibile.
I vantaggi del progresso tecnico che ridurrebbero i costi del taglio delle emissioni nei prossimi decenni – invocati da alcuni per giustificare i rinvii – sarebbero minori dei costi e dei rischi elevati associati a tali rinvii. Stabilito che la strada della decarbonizzazione è obbligata , i Paesi che diventano leader di una green economy a basse emissioni – osserva Stern – possono acquisire vantaggi anche economici.
Vorrà pur dire qualcosa se l’obiettivo del 35% di rinnovabili sul consumo di energia al 2030 – indicato dal citato Programma del Consiglio nazionale della green economy, necessario anche per sostituire il carbone senza dover ricorrere ad un aumento del gas – e non del 28 % della nuova SEN italiana o del 27% europeo, sia una richiesta avanzata alla Commissione UE anche da 6 fra le principali imprese energetiche europee (l’italiana ENEL, la tedesca EnBw, la spagnola Iberdrola, la portoghese Edp, la danese Orsted e la scozzese Sse)?
Documenti:
Presentazione della Strategia Energetica Nazionale 2017 | link |
Download “MISE e MATTM | SEN 2017 - Strategia Energetica Nazionale” Pubblicato il: 17 Nov 2017