La finanza per il clima. Opportunità per le imprese

Confindustria apre a Roma nel marzo di quest’anno, molto opportunamente, un tavolo di consultazione con le imprese per rilanciare e rafforzare il messaggio di Parigi, cioè che senza gli investimenti privati e senza il sistema industriale, gli obiettivi di Parigi per fermare il riscaldamento globale non si raggiungeranno.

Si sta diffondendo la convinzione che la governance mondiale della lotta al cambiamento climatico non possa più essere adeguatamente supportata soltanto dai governi sottoscrittori dell’Accordo di Parigi. Si segnala infatti che, ad opera degli Stati Uniti e dei sauditi, larghi tratti del documento finale del G 20 di luglio ad Amburgo siano stati eliminati e con essi i riferimenti allo sviluppo sostenibile, al clima e al GCF, il costituendo Fondo internazionale per il clima. Il punto è che il sistema industriale mondiale si è ormai riposizionato su una prospettiva low-carbon senza alcuna intenzione di recedere per inseguire la vena politica dei populismi di qua e di là dell’oceano. Quanto mai opportuna è dunque l’iniziativa presa dalla Confindustria con questo convegno dedicato alla finanza per il clima, promosso assieme al Kyoto Club alla vigilia della celebrazione romana dei trattati europei. La Confindustria intende diffondere informazioni e certezze per le imprese e gli investitori ed aprirà a tal fine un portale web per lanciare un nuovo modello di finanza di cui l’innovazione è il nocciolo (Bianchi), in particolare per il clima, le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Nel mondo gli investitori stanno abbandonando i combustibili fossili. Il Fossil Fuel Divestment, un movimento nato nei campus americani nel 2011, ha raggiunto nel 2015 i 5200 Mld$. Peraltro i sussidi ai fossili, pur diminuiti, sono ancora più del doppio degli incentivi per le fonti rinnovabili su scala mondiale (Ferrante). A Copenhagen si stabilì di dar vita al GCF con un flusso di fondi aggiuntivi pubblico-privati pari a 100 Mld$/anno, un impegno confermato a Cancùn e infine alla COP 21 di Parigi, che è però ben noto essere insufficiente di un ordine di grandezza per perseguire quegli obiettivi. Per ora, a poco più di due anni dal target, il GCF dispone di soli 10 Mld$/anno, non tutti cash. Le Banche Multilaterali di Sviluppo, tra cui la nostra Cassa Depositi e Prestiti (Ciferri) garantiscono il 30% della finanza sostenibile, spesso destinata a progetti antiquati, considerati più remunerativi. Né il blending pubblico-privato né il leveraging, potranno realizzare Parigi. Occorre modificare la generalità degli investimenti e acquisire la capacità di agire sul mercato finanziario, che non aspetta altro che nuove occasioni di investire e guadagnare (La Camera – ascolta l’intervento). Il Ministero dell’Ambiente ha promosso con l’UNEP il “Dialogo Nazionale dell’Italia per la finanza sostenibile”  (vedi in questo sito), il cui primo rapporto è stato presentato dalla Banca d’Italia in febbraio dal quale nascono possibili iniziative, un osservatorio, un Centro per il finanziamento green con la Borsa di Milanio, che saranno lanciate alla COP 22 di Bonn (scarica il documento). Enel (Canta) illustra il nuovo piano industriale basato sulle rinnovabili, sul ridimensionamento delle fonti fossili, sullo sviluppo delle smart grid e sul sostegno tecnologico ai paesi poveri. Carraro (IPCC – ascolta l’intervento) informa che per la prima volta il Panel ha predisposto un capitolo sulla finanza climatica i cui fabbisogni stimati al 2030 sono di 750 Mld$, l’1% del PIL mondiale, così come aveva previsto il Rapporto Stern del 2006. Gli strumenti per la transizione sono il Carbon Pricing, una Portfolio Reallocation, i Green Bond e l’innovazione, capitolo per il quale alcune tecnologie, come quelle ritenute necessarie per togliere carbonio dall’atmosfera, non sono ancora affatto pronte. Il prezzo del carbonio, oggi intorno a 5 €/t, per ottenere i 2 °C a fine secolo dovrà salire, facendo la media tra oltre 1000 studi presentati all’IPCC, a 30 €/t nel 2030 e a 210 €/t oltre il 2050. Il portafoglio degli investimenti consta nel 2014 di 148 Mld$ pubblici e 24 Mld$ privati, ma solo il 7% è per l’adattamento che non dà rendimenti rispetto alla mitigazione per la quale gli investimenti sono quasi tutti per le rinnovabili. I Green Bond secondo Moody’s sono passati da 0,8 Mld$ nel 2007 a 80 Mld$ nel 2016. Prima delle conclusioni del Ministero Affari Esteri (Soderini) che illustra le modalità di accesso al GCF, una importante presa di posizione di Ridolfi (Commissione Europea) prova a galvanizzare gli imprenditori. Il denaro è il vostro, dice, ma noi siamo disposti a ridurre il rischio dei vostri investimenti. L’80% del fondo EIP, External Investment Plan, dotato di 1,5 Mld€, è destinato alla lotta ai cambiamenti climatici e garantisce agli imprenditori le perdite, i cambi di valuta e i possibili errori di gestione nei paesi poveri. Vogliamo, dice, fare rinnovabili, batterie e reti intelligenti soprattutto in Africa, dove la voce Europea è politica, ben diversa da quella delle banche di sviluppo. Questa sarà la risposta comunitaria portante al problema della migrazione, sulla quale si sta giocando il futuro di tutti i governi europei

(ascolta l’intervento).

 

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