L’8 febbraio a Milano: i problemi e le opportunità dei sottoprodotti

Convegno sottoprodotti

L’economia circolare promuove anche la riduzione dei rifiuti e quindi la valorizzazione dei sottoprodotti che sono quei residui di produzione che possono essere gestiti come beni e non come rifiuti, se soddisfano certe condizioni. Condizioni queste che dovrebbero essere tali e adeguatamente rispettate per garantire sicurezza ambientale, per non squalificare l’uso dei sottoprodotti e per non diventare una scorciatoia illecita per tagliare i costi di gestione dei rifiuti e per generare una concorrenza sleale con le attività industriali del loro riciclo.

Sottoprodotti: problemi e opportunità è il titolo del convegno che si è svolto a Milano l’8 febbraio 2024, promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con Secam, che vuole fare il punto sulla normativa, spesso poco chiara e complessa, sulla sua corretta applicazione e sulla giurisprudenza in materia di sottoprodotti. Ne hanno discusso Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Silvia Grandi, Direttore Generale del MASE, Paola Ficco e Stefano Maglia, esperti giuristi e rappresentanti di ISPRA e di alcune ARPA.

I sottoprodotti, scarti e residui come sfridi, cascami e avanzi di processi produttivi, non sono rifiuti ma beni che, a certe condizioni, possono essere utilizzati “direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale”. Il loro utilizzo deve rispettare i requisiti riguardanti la protezione della salute e dell’ambiente. Imprescindibile inoltre è la “certezza dell’utilizzo”: il produttore deve indicare con certezza quale sarà l’utilizzo dei sottoprodotti derivanti dal suo processo industriale.

I sottoprodotti sono normati dall’articolo 184-bis D.Lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale) in cui il legislatore nazionale, riprendendo il testo della Direttiva europea, ha definito le condizioni che qualificano un sottoprodotto. Con il Decreto del 13 ottobre 2016 n264 il Ministero ha adottato un Regolamento che reca i criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per qualificare dei residui di produzione quali sottoprodotti e non come rifiuti. E, successivamente, ad ulteriore conferma della complessità della materia, il Ministero ha emanato ben due circolari: quella del 3 marzo 2017, sulla natura e le funzioni dell’elenco dei produttori e utilizzatori di sottoprodotti presso le Camere di Commercio, e quella del 30 maggio 2017 sull’insieme della lettura del decreto.

Nel frattempo, è intervenuta in materia, su diversi casi, anche la giurisprudenza con sentenze della Cassazione che forniscono argomenti e valutazioni per una analisi e una riflessione aggiornata in materia di sottoprodotti.

Le presentazioni degli speaker:

Download “PPT Fabio Cambielli - ARPA Lombardia | Convegno sottoprodotti” Pubblicato il: 9 Feb 2024

Download “PPT Giuseppe Bortone - AssoArpa | Convegno sottoprodotti” Pubblicato il: 9 Feb 2024

Download “PPT Stefano Maglia - TuttoAmbiente | Convegno sottoprodotti” Pubblicato il: 9 Feb 2024

Nota introduttiva al convegno “Sottoprodotti: problemi e opportunità”

Il concetto di sottoprodotto venne introdotto nel 2008 dalla direttiva europea n. 98, disciplinando così criteri e condizioni che nel frattempo la giurisprudenza UE aveva sviluppato al fine di consentire la sottrazione di residui di produzione dalla gestione dei rifiuti.

Occorre, infatti, ricordare che la normativa relativa alla gestione dei rifiuti è stata fondata sul principio dell’attrattività del concetto di rifiuto rispetto a tutti gli scarti dei processi di produzione e di consumo. Questa “attrattività” si basa sulla necessità di uniformare a livello europeo i costi di produzione al fine di impedire che i singoli Stati membri potessero avvantaggiare le loro aziende facendo ricadere sulla collettività i costi gestionali degli scarti¹. Pertanto, questa disciplina dal 1975 stabilisce che in via di principio ogni scarto debba essere considerato rifiuto e la cui gestione sottoposta alla conseguente disciplina.

Il concetto di sottoprodotto – presente nella direttiva quadro sui rifiuti – è quindi una deroga a questo principio, che tuttora orienta la disciplina di settore. Dalle considerazioni appena svolte consegue un’ulteriore: la disciplina del sottoprodotto non può essere utilizzata in modo tale che uno Stato membro possa favorire le proprie aziende, alterando così la competitività all’interno del mercato europeo.

La direttiva europea del 2008 – ribadita dalla 851 del 2008 – infatti riserva in capo alla Commissione europea il potere di emanare criteri da soddisfare, affinché sostanze o oggetti specifici siano considerati sottoprodotti e non rifiuti, nonché ad organizzare regolarmente uno scambio di informazioni e una condivisione delle migliori pratiche tra gli Stati membri anche sui criteri nazionali relativi ai sottoprodotti. In altri termini, un potere di controllo e indirizzo centralizzato funzionale a fornire agli operatori un quadro di riferimento il più possibile uniforme.

L’Italia, al riguardo, oltre a recepire la direttiva quadro sui rifiuti è intervenuta sul tema emanando il decreto ministeriale n. 264 del 2016 – regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti – seguito nel 2017 da una circolare esplicativa, dotandosi così di un quadro normativo che fornisce orientamenti per il riconoscimento dei sottoprodotti.

Il convegno si propone analisi approfondita e critica sulla disciplina riguardante i sottoprodotti vigente nel nostro Paese e sulla sua applicazione, con l’obiettivo di promuoverne una corretta applicazione. Rimangono, infatti, irrisolti alcuni aspetti di applicativi come ad es.:

– Poiché uno scarto di produzione sia considerabile sottoprodotto deve essere dal momento della sua produzione destinato al reimpiego, rispettando certe condizioni, in altro processo, non diventando quindi un rifiuto. Se uno scarto diventasse un rifiuto non potrebbe più essere trasformato in sottoprodotto. Quindi benchè il decreto del 2016 includa nei processi produttivi anche quelli riguardanti la fornitura di servizi, non dovrebbe essere consentito di utilizzare la qualifica di “sottoprodotto” per un residuo derivante dalla gestione di un rifiuto o dal trattamento di reflui?

– Nel caso in cui uno scarto o un residuo abbiano caratteristiche di pericolosità e non risultino quindi pienamente conformi alle specifiche del prodotto che potrebbero sostituire, non ci sarebbe la possibilità di configurarli come sottoprodotti, oppure potrebbero essere considerati tali ad alcune condizioni?

– Come dare maggiore solidità, e quindi omogeneità, alle garanzie di “impiego legale” dei sottoprodotti e alle “normali pratiche industriali” nel loro utilizzo, superando le differenti valutazioni riscontrate a livello regionale o, addirittura, provinciale?

– Che fare nel caso in cui gli stessi prodotti, ottenuti dal trattamento rifiuti, come end of waste, comportino il rispetto di norme tecniche diverse e più restrittive di quelle richieste invece per il loro riconoscimento come sottoprodotti

– Mentre sui flussi di produzione e gestione dei rifiuti disponiamo di un sistema di rilevazione, conoscenza e analisi, sui sottoprodotti non disponiamo di dati e analisi quantitative per valutare settori e attività di generazione e di impiego, con dati sia nazionali che articolati a livello regionale. Questi dati sarebbero utili anche per valutare la diffusione e la dimensione quantitativa delle simbiosi industriali, anche a livello regionale. Come fare per avere maggiore trasparenza e per disporre di dati quantitativi per analisi dei flussi di provenienza e di destinazione dei so sottoprodotti in Italia?

¹La direttiva europea 442 del 1975 esplicitamente dichiarava: “considerando che una disparità tra le disposizioni in applicazione o in preparazione nei vari Stati membri per lo smaltimento dei rifiuti può creare disuguaglianza nelle condizioni di concorrenza e avere perciò un ‘ incidenza diretta sul funzionamento del mercato comune”.
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