IPCC: “ora o mai più” contro la crisi climatica (ma possiamo ancora farcela)

IPCC crisi climatica

Il mondo non è in rotta con l’obiettivo di 1,5 °C e arrestare la crisi climatica diventerà presto impossibile, se non tagliamo profondamente ed urgentemente le emissioni.

Ma c’è una buona notizia: nell’ultimo decennio sono avvenuti grandi progressi e gli strumenti, i finanziamenti e le tecnologie che ci servono sono già tutti a portata di mano. Dobbiamo “solo” metterli in pratica, e dobbiamo farlo in fretta.

È appena uscito il nuovo Rapporto dell’IPCC “Climate Change 2022. Mitigation of Climate Change”, che raccoglie le evidenze scientifiche più ampie, condivise e aggiornate a livello globale su quanto e come dovremmo mitigare i cambiamenti climatici, cioè ridurre le emissioni di gas serra per riuscire a limitare il riscaldamento globale.

Si tratta del terzo capitolo del lavoro di ricognizione che l’IPCC (Intergovernmental Panel of Climate Change, l’organo tecnico delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico) svolge ogni sette anni per fare il punto sulla nostra conoscenza sul tema. Questo capitolo è dedicato alla mitigazione climatica ed è sicuramente quello più importante dal punto di vista politico, economico e strategico.

Il Report conferma in larga parte quanto già condiviso dalla comunità scientifica negli ultimi anni, e in particolare dal 2018 quando la stessa IPCC era stata incaricata di identificare, in uno Special Report dedicatola traiettoria delle emissioni necessaria a raggiungere i nuovi obiettivi sanciti dall’Accordo di Parigi. 

Ma siccome nel frattempo le azioni di mitigazione messe in campo dai Governi sono state troppo blande (e le emissioni hanno continuato a crescere), gli obiettivi di medio e lungo termine sono rimasti più o meno gli stessi ma ben più stretta è diventata la finestra per poterli raggiungere. 

 

“Ora o mai più” è il primo messaggio chiave

IPCC crisi climaticaIl Rapporto sottolinea che nell’ultimo decennio (2010-2019) le emissioni sono cresciute sempre in modo significativo e hanno raggiunto livelli mai registrati, seppure con ritmi inferiori rispetto al passato. Se vogliamo puntare all’obiettivo di un 1,5 °C entro la fine di questo secolo, le emissioni dovranno raggiungere il loro livello massimo (il cosiddetto “peak year”) prima del 2025.

Dopo il 2025, le tappe di mitigazione indicate dagli esperti dell’IPCC sono una riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030 del 43% (rispetto al 2019), e la neutralità climatica (ovvero zero emissioni al netto degli assorbimenti) intorno al 2050. Se non ne saremo capaci, a fine secolo il riscaldamento globale raggiungerà i +3,2 °C e il mondo non sarà più quello che conosciamo.

 

“Abbiamo già tutti gli strumenti per farcela” è il secondo messaggio chiave

tecnologiaMa c’è una buona notizia. L’IPCC ci ricorda quanto, soprattutto nell’ultimo decennio, sia cresciuta la nostra conoscenza e consapevolezza della crisi climatica, e di conseguenza anche le iniziative pubbliche e private per contrastarla. Il progresso tecnologico in particolare ha raggiunto traguardi impensabili e reso accessibili molte tecnologie low carbon: l’esempio più evidente è senza dubbio rappresentato dalle fonti rinnovabili del settore elettrico, in particolare eolico e fotovoltaico.

In generale, secondo gli esperti dell’ONU, tutti i settori hanno già a disposizione le conoscenze, gli strumenti e le tecnologie per ridurre significativamente le loro emissioni e raggiungere le tappe previste per questo decennio. Non è più come dieci anni fa, quando sapevamo di dover decarbonizzare le nostre economie ma non sapevamo come, oppure le soluzioni più efficaci erano ancora troppo costose.

Oggi conosciamo (e in molti casi già mettiamo in pratica) tutte le soluzioni di cui abbiamo bisogno nel breve e medio termine: per mitigare le emissioni prodotte nelle nostre città, grazie alla rigenerazione urbana, alla riqualificazione degli edifici e alla mobilità dolce; per ridurre le emissioni dei trasporti grazie ai nuovi modelli di mobilità e ai veicoli elettrici; per contenere gli impatti dei processi produttivi, puntando sull’economia circolare e sul riutilizzo delle risorse. E via dicendo.

 

Per mitigare la crisi climatica serve volontà politica e trasformazione sociale

cambiamento socialePer molte di queste aree di intervento abbiamo anche già un’idea del reale impatto in termini di riduzione delle emissioni, e dunque dell’ordine di priorità e di grandezza con cui dovremmo metterle in campo.

Secondo l’IPCC, il contributo maggiore potrebbe arrivare proprio dagli edifici (in particolare dalla conversione degli usi energetici), e più in generale, per quanto riguarda la trasformazione dal lato della domanda, ovvero tutte le emissioni dirette e indirette che derivano dalle nostre scelte di vita e dai beni che consumiamo: l’adozione di tecnologie pulite già oggi disponibili, insieme ad un significativo miglioramento delle nostre abitudini di consumo in casa e fuori casa, per muoverci, per viaggiare, per l’alimentazione, possono conseguire insieme già fra il 40% e il 70% di tutto il taglio necessario per la neutralità climatica.

L’IPCC sembra caratterizzare questo Report con un nuovo approccio possibilista, sottolineando come il problema della mitigazione oggi non siano più le soluzioni, ma la volontà politica, sociale ed economica di implementarle su vasta scala e in fretta.

E non è neanche una questione di investimenti: dobbiamo aumentare di almeno 3 volte gli attuali investimenti nelle tecnologie pulite, ma secondo gli esperti dell’ONU, tutte le risorse necessarie sono già oggi disponibili sul mercato per essere allocate in questa direzione, se supportate da un adeguato framework politico e finanziario.

 

Manca una deadline chiara al taglio dei combustibili fossili e dei loro sussidi

speranzaCiò che invece l’IPCC non sottolinea a sufficienza è il fondamentale contributo del taglio ai combustibili fossili: se ne parla ripetutamente e i numeri indicati dallo scenario IPCC sul taglio delle emissioni “indirette” (che fanno riferimento alle emissioni della produzione energetica) non lasciano dubbi.

C’è un passaggio rilevante su questo tema: il Report IPCC afferma che ad oggi le infrastrutture dedicate ai combustibili fossili (esistenti e programmate) esauriscono già completamente il carbon budget a nostra disposizione e ci porterebbero a superare sicuramente il limite di +1,5°C.

Ma non ci sono indicazioni chiare, né deadline, sulla necessità di interrompere gli investimenti in nuovi impianti da combustibili fossili e sulla necessità di eliminare al più presto i sussidi che li finanziano. Queste indicazioni erano peraltro già emerse l’anno scorso quando l’Agenzia internazionale per l’energia ha presentato la prima Roadmap per un settore energetico compatibile con la neutralità climatica.

Sappiamo che i messaggi chiave contenuti nelle 40 pagine di sintesi per i decisori politici (che contengono i messaggi chiave della ricognizione scientifica) sono frutto di un compromesso anche politico che subentra negli ultimi passaggi di approvazione del documento da parte dell’IPCC.

La strada è dunque ancora lunga, ma il tempo di agire è ora. Con queste nuove e ampie conferme della comunità scientifica anche i più scettici dovranno convincersi: la transizione verso un’economia climaticamente neutrale è davvero a portata di mano, e a guadagnarci non sarà solo il riscaldamento globale ma anche la nostra salute e la certezza di un futuro più prospero.

 

Editoriale a cura di Chiara Montanini, Project Manager di Italy for Climate

 

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