di Edo Ronchi
Nel 2020 è diminuita anche la produzione di rifiuti. A causa della pandemia essendo diminuite le attività industriali, delle costruzioni e, soprattutto, quelle commerciali e del turismo sono diminuiti anche i rifiuti speciali in modo significativo, si stima di circa il 10%.
Un po’ minore è stimato il calo dei rifiuti urbani: la quota di organici della ristorazione e delle mense è calata in modo consistente, di almeno il 15%, ma quelli domestici sono rimasti gli stessi. I rifiuti d’imballaggio delle utenze commerciali assimilati agli urbani sono calati parecchio, ma non i rifiuti degli imballaggi domestici, anche per via del forte aumento degli acquisti on-line che generano quantità importanti di rifiuti d’imballaggio. Queste stime sono fornite dal Rapporto annuale 2020 ”L’Italia del riciclo” elaborato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, da Fise-Unicircular, in collaborazione con le varie filiere della gestione dei rifiuti.
Sia pure con qualche difficoltà la raccolta dei rifiuti è proseguita regolarmente, ma si è registrata una forte crescita, specie in alcune aree del Sud, della mancata riscossione delle bollette sui rifiuti sia di utenze commerciali, sia di un numero importante di famiglie che si trovano in serie difficoltà economiche. Anche la filiera del riciclo ha avuto seri problemi sia per gli sbocchi di mercato delle materie prime seconde (MPS) sia per la caduta dei loro prezzi.
I tradizionali settori di impiego delle materie prime seconde (industria e costruzioni) hanno rallentato le attività e quindi anche la loro domanda di materiali provenienti dal riciclo. Anche l’export di questi materiali è stato fortemente rallentato per le chiusure o le forti limitazioni dei transiti delle frontiere di diversi Paesi per lunghi periodi.
A causa della flessione delle produzioni e dei consumi i prezzi di molte materie prime vergini sono crollati e, di conseguenza, anche quelli di diversi materiali provenienti dal riciclo. In condizioni così avverse il sistema italiano del riciclo ha tuttavia, complessivamente, dimostrato una buona resilienza: non c’è stata un’emergenza con rifiuti lasciati per strada e le attività di riciclo non sono state interrotte.
In questo contesto il provvedimento che ha consentito di aumentare gli stoccaggi in attesa di riciclo è stato certamente utile, ma il sistema ha retto soprattutto perché dispone di imprese solide e di un sistema di consorzi che si è confermato fattore strategico per il presente e il futuro del riciclo dei rifiuti.
In particolare va segnalato – anche per la rilevanza quantitativa degli imballaggi nei rifiuti urbani – il sistema CONAI – Consorzi di filiera che, in questa crisi, ha assicurato la continuità del ritiro di tutti i rifiuti d’imballaggio raccolti in maniera differenziata, nonostante le difficoltà di riciclo, ha aumentato le quantità di rifiuti ritirate sopperendo alle riduzioni delle gestioni indipendenti legate al mercato. Ha mantenuto e versato regolarmente ai comuni, in maggiore difficoltà, contributi ambientali consistenti, anche se sono diminuiti i suoi ricavi. ha sostenuto le imprese del riciclo, assicurando un conferimento di rifiuti da riciclare a prezzi non di mercato, anche se ciò ha costretto ad aumentare i costi e il deficit a suo carico.
Che sarebbe successo in questa crisi se invece del sistema CONAI avessimo avuto un sistema basato sul mercato, con una pluralità di consorzi in concorrenza fra loro? Chi avrebbe potuto assicurare, in una crisi come questa, la gestione e l’avvio al riciclo della quota più importante dei rifiuti urbani – gli imballaggi – anche in condizioni così economicamente svantaggiose, contribuendo in modo decisivo a tenere aperto e pienamente operativo il settore del riciclo, strategico non solo per l’ambiente, ma per la ripresa e il cambiamento verso un’economia circolare?