di Edo Ronchi
Il Regolamento europeo (2021/241) che istituisce il dispositivo per l’accesso ai fondi europei del Recovery fund stabilisce che possono essere finanziate unicamente le misure conformi al principio di “non arrecare un danno significativo” (DNSH, “do no significant harm”) agli obiettivi ambientali ai sensi del Regolamento 2020/852.
I piani nazionali devono contenere una spiegazione del modo in cui si garantisce che nessuna misura arrechi un danno significativo agli obiettivi ambientali individuati: la riduzione delle emissioni di gas serra, l’adattamento ai cambiamenti climatici, la transizione verso un’economia circolare, la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento e l’uso sostenibile delle acque e delle risorse marine.
Non sappiamo come sarà applicato tale principio al Piano italiano: le bozze inviate al Parlamento non contengono tali valutazioni per le misure proposte né una spiegazione sul rispetto del principio di non arrecare un danno significativo agli obiettivi ambientali indicati a livello europeo. Nella versione finale che sarà inviata alla Commissione europea entro fine aprile, ci aspettiamo che tale valutazione sarà inserita. Non basta che si assicuri che i progetti finanziati rispetteranno le normative ambientali nazionali ed europee vigenti e nemmeno che i progetti, che lo richiedono, saranno sottoposti a valutazione d’impatto ambientale (VIA).
Come dice espressamente la Commissione europea, nella Comunicazione del 12 febbraio scorso sull’applicazione del principio “non arrecare un danno significativo” sul dispositivo per la ripresa e la resilienza, infatti, quei 6 obiettivi ambientali non sono ancora pienamente attuati nella normativa vigente e nelle procedure di valutazione ambientale. Il loro rispetto richiede quindi specifiche valutazioni da inserire nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Per esempio misure di produzione di energia elettrica e/o di calore a partire da combustibili fossili, non dovrebbero essere considerate conformi al principio di “evitare un dannosignificativo”, data l’esistenza di alternative a basse o nulle emissioni di carbonio. Anche misure che comportino effetti futuri di dipendenza («lock-in») dannosi, sia diretti sia indiretti primari, dice la Commissione, dovrebbero essere valutati con attenzione.
Per esempio la costruzione di un’autostrada consuma suolo e richiede materiali per la costruzione, ma genera anche effetti indiretti futuri sull’aumento del traffico automobilistico e quindi sulle emissioni di gas serra. Occorre, osserva sempre la Commissione, valutare l’intero ciclo di vita della misura e le alternative disponibili: ad esempio se si sostituiscono vecchi veicoli con nuovi, non va valutata solo la riduzione delle emissioni rispetto ai vecchi veicoli sostituiti, ma anche l’impatto della produzione dei nuovi e, soprattutto, le alternative disponibili meno impattanti sugli obiettivi ambientali.
L’attenzione e il dibattito in Italia sulle misure per il clima, l’economia circolare e la biodiversità del PNRR si sono concentrate sulla missione della transizione ecologica. Gli impatti sugli obiettivi ambientali sono in realtà più ampi, coinvolgono diverse altre missioni e misure: per l’innovazione, per le imprese, le infrastrutture, i trasporti. Applicando in modo puntuale e tempestivo i principi di valutazione di danno significativo agli obiettivi ambientali, secondo le indicazioni della Commissione europea, avremmo avuto un miglior dibattito sulla scelta delle misure da finanziare con le risorse europee del Recovery fund, non saremmo arrivati alla fase finale senza conoscere ancora queste valutazioni, probabilmente avremmo favorito la scelta di misure migliori e accelerato l’approvazione europea.