di Edo Ronchi
Nel 2020, il primo anno della pandemia da Covid-19, nonostante la flessione di circa il 6% delle emissioni globali di gas serra – troppo modesta e durata troppo poco – il cambiamento climatico si è ulteriormente aggravato.
Sia gli indicatori globali del clima (temperature, concentrazione di gas serra, livello degli oceani, ghiacciai, precipitazioni) sia l’andamento degli eventi ad alto impatto (ondate di calore, siccità, incendi, alluvioni, cicloni tropicali e tempeste) sono tutti peggiorati, secondo il rapporto, appena pubblicato, dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (State of the Global Climate, 2020). Basta una, sintetica e largamente incompleta, citazione degli eventi atmosferici estremi per rendersi conto della situazione drammatica in cui siamo.
Nel 2020 alluvioni estese hanno colpito diversi paesi in Africa, larghe zone dell’India e del Pakistan, del Nepal, del Bangladesh, dell’Afganistan e del Myanmar. Gravi alluvioni ci sono state in Cina, in Korea, in Giappone, in Vietnam, in Indonesia, in Brasile e in Yemen.
Siccità gravi e prolungate hanno colpito vaste zone del Sud America: dell’Argentina, dell’Uruguay, del Paraguay e del Brasile. Il 2020 è stato un anno record per il caldo in Russia, specialmente per la Siberia e in Finlandia. In Colorado e in California ci sono stati incendi molto estesi. In Nevada e in Utah il 2020 è stato l’anno più secco, meno piovoso, mai registrato.
Grandi incendi si sono verificati in Australia e temperature record sono state registrate in Sud Africa, in Nuova Zelanda, ai Caraibi, in Messico, a Cuba e in Centro America. Record di siccità sono stati registrati in Romania, Bielorussia, Repubblica Ceca e in Germania. La regione Nord Atlantica nel 2020 è stata interessata da ben 30 cicloni tropicali, più del doppio della media di lungo termine. Gli uragani hanno generato seri danni in Luisiana, in Carolina, in Alabama, ad Haiti, nella Repubblica Domenicana, in Nicaragua, Honduras, Guatemala, in Colombia e a Cuba. Gravi cicloni hanno colpito il Bengala, la Somalia e le isole del Sud-Est Pacifico. Un fortissimo ciclone tropicale ha colpito le Filippine e la penisola coreana. Importanti cicloni hanno colpito anche il Nord, il Centro e l’Est Europa.
In diverse zone del Pianeta duramente colpite, questi eventi atmosferici estremi stanno costringendo le popolazioni locali ad emigrare. Nel decennio 2010-2019 – secondo questo rapporto – 23,1 milioni di persone, ogni anno in media, hanno abbandonato le loro zone a causa di eventi estremi causati dal cambiamento climatico. 9,8 milioni di persone, solo nella prima parte del 2020, per la gran parte nel Sud e Sud Est dell’Asia e nel Corno d’Africa, si sono spostate in seguito a disastri meteorologici.
Dentro questi numeri vi sono drammi di interi popoli: per i Roinghya rifugiati in Bangladesh, per più di un milione di persone che ha dovuto lasciare le proprie case e terre in Somalia, per circa 300.000 in Etiopia, per circa 1,25 milioni di rifugiati climatici in Burkina Faso, Mali e Niger. Nel Ciad oltre 30.000 persone hanno dovuto lasciare le loro abitazioni alluvionate. In Yemen, già pesantemente colpito dalla guerra, almeno 300.000 persone hanno dovuto abbandonare case e raccolti per le alluvioni.
La crisi climatica sta avendo impatti drammatici anche sull’aumento dell’insicurezza alimentare. Nel 2019 circa 750 milioni di persone, il 10% della popolazione mondiale, erano esposte a seri livelli di insicurezza alimentare. Questa situazione già critica, in un solo anno, è gravemente peggiorata: nel 2020 sono aumentate di almeno 50 milioni le persone esposte a grave insicurezza alimentare a causa, congiunta, dei disastri climatici (alluvioni, siccità e tempeste) e della pandemia da Covid-19.