![Fast fashion](https://www.fondazionesvilupposostenibile.org/wp-content/uploads/Fast-fashion-scaled-e1677153286461.jpg)
Dall’armadio alla pattumiera: solo che il cestino dell’immondizia dove finiscono i vestiti è rappresentato da un Paese africano. Oltre 900 milioni di capi di abbigliamento in plastica, usati e non riciclati, sono finiti in Kenya, nel 2021. Circa 150 milioni provengono dall’Europa e dal Regno Unito. Oltre un milione arriva dall’Italia. Sono solo alcuni dei dati contenuti in una recente indagine condotta da Clean Up Kenya, una campagna fondata nel 2015. L’inchiesta è stata chiamata Trashion, un termine formato dalle parole “trash (spazzatura) e fashion (moda). Lo studio è stato realizzato con Wildlight per Changing Markets Foundation e mette in evidenza “la dipendenza della fast fashion da tessuti di plastica a basso costo per produrre abiti che non sono progettati per essere riparati o riciclati e che sono sempre più considerati usa e getta”.
Come aveva spiegato il Circular Economy Network in questo articolo, nel 2020 in Europa ogni cittadino ha consumato 15 chili di prodotti tessili, pari complessivamente a 6,6 milioni di tonnellate. L’impatto della moda, soprattutto di quella di bassa qualità, è enorme. Per produrre i 6,6 milioni di tonnellate di tessuti consumati nel vecchio continente sono state emesse 121 milioni di tonnellate di CO2, pari a 270 chilogrammi a persona.
Negli ultimi 20 anni il fenomeno della fast fashion ha trainato il consumo dei prodotti tessili. È stato calcolato che un vestito fast fashion viene indossato in media solo 8 volte prima di essere buttato. Il 40% dei vestiti sono scartati quasi subito perchè perdono di elasticità, si logorano facilmente e perdono rapidamente il colore. Non solo, attualmente si stima che oltre i due terzi (69%) dei tessuti siano realizzati in plastica e si prevede che questa percentuale aumenterà fino al 73% entro il 2030.
E i vestiti, come detto, durano sempre meno. Rispetto a 20 anni fa, infatti, la durata di un capo d’abbigliamento è scesa del 36%. Lo ha stabilito l’Agenzia europea dell’ambiente che ha calcolato l’impronta del settore tessile indicando alcune priorità per invertire la rotta e andare verso un consumo sostenibile e circolare. Anche in questo caso riuso, riciclo ed economia circolare potrebbero invertire la rotta di un mercato devastante, per l’ambiente e per le persone.
Articolo originale pubblicato su circulareconomynetwork.it
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