Cina e Usa ratificano l’Accordo di Parigi: un segnale importante per l’economia mondiale

di Andrea Barbabella

Sabato 3 settembre, in occasione del G20 ospitato proprio in Cina, Xi Jinping and Barack Obama hanno annunciato la ratifica dell’Accordo di Parigi. Cina e Stati Uniti sono i primi due emettitori al mondo, responsabili del 38% delle emissioni globali di gas serra (dato 2012).

Fino alla settimana scorsa avevano ratificato l’Accordo 24 Paesi, che insieme contavano per appena l’1% delle emissioni globali. Come noto, l’Accordo, adottato da 195 Paesi, entrerà in vigore 30 giorni dopo che 55 Paesi,responsabili complessivamente di almeno il 55% delle emissioni globali,lo avranno ratificato. Serve adesso, quindi, la ratifica da parte di altri 29 Paesi responsabili di almeno il 16% delle emissioni mondiali di gas serra. La soglia sembra ancora lontana, ma la strada adesso è decisamente in discesa e la situazione molto diversa da quella che segno il lungo e tormentato percorso di ratifica del Protocollo di Kyoto (con la defezione degli Usa, otto anni di trattative che hanno portato, peraltro, a rendere lo strumento sempre più complesso e sempre meno incisivo).

Manca all’appello l’Unione europea. Non c’è da dubitare, credo, sulla volontà di ratificare l’accordo ma la situazione attuale, oggettivamente difficile (dalla Brexit agli attacchi terroristici), e la burocrazia comunitaria potrebbero allungare ulteriormente i tempi. Tanto da spingere Nicholas Stern a invitare i singoli Governi a non aspettare oltre e a ratificare individualmente l’Accordo. Certo l’assenza dell’Europa pesa… soprattutto all’Europa stessa. Non essere stata tra gli apripista nel processo di ratifica e il non aver avuto un ruolo nello storico passaggio segnato da Cina e Stati Uniti danneggia in primo luogo proprio l’Europa, confermando quello che oramai è noto già da tempo: la perdita della leadership nel campo delle tecnologie e degli investimenti green, già evidente con il crollo degli investimenti nelle fonti rinnovabili e il sorpasso della Cina (e a breve degli USA). Gli Stati membri, inclusa l’Italia, in questi giorni stanno preparando i documenti per la ratifica e speriamo che questa arrivi presto. Magari in occasione dello Special event dedicato delle Nazioni Unite che si terrà a New York il 21 settembre. Con il 10% dell’UE la soglia sulle emissioni, la più difficile da raggiungere, sarebbe molto vicina: baserebbe la ratifica da parte della Russia (il 7,5% delle emissioni globali) o qualche altro grande emettitore come l’India o il Giappone (entrambi attorno al 4% delle emissioni globali).

L’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi sarà certamente un momento molto importante. Ma non sarà che l’inizio di un percorso. Ancora più importante sarà la definizione da parte dei Governi delle politiche e misure per dare concretezza ai propri impegni. Al momento, infatti, sono proprio queste a sembrare carenti.

Inoltre, sarà importante verificare la disponibilità delle Parti a fare un passo in avanti, aumentando i propri impegni per allinearli allo sfidante obiettivo sancito a Parigi “di contenere l’incremento della temperatura media globale molto al di sotto dei 2°C rispetto al periodo pre-industriale perseguendo tutti gli sforzi per limitare tale incremento a 1,5°C…”. Gli INDC a oggi trasmessi, infatti, secondo l’analisi del Segretariato della Convenzione, anche se realmente conseguiti, non sarebbero comunque sufficienti a avviare un percorso virtuoso di riduzione delle emissioni globali di gas serra e porterebbero a un aumento di temperatura stimato a seconda delle fonti tra i 3 e i 4°C.

In ogni caso, tornando alla ratifica di Cina e USA, questa ha ovviamente un grande valore simbolico ma anche potenziali ricadute positive estremamente pratiche.

Il gesto di Obama, nel contesto dell’attuale campagna elettorale, con l’aspirante presidente repubblicano Donald Trump che ha dichiarato di voler uscire dall’Accordo, potrebbe avere un significato politico concreto. Secondo alcuni osservatori, sarebbe più difficile per gli Stati Uniti uscire da un Trattato internazionale una volta che questo è entrato in vigore.

Ma forse è ancora più importante la presa di posizione di Xi Jinping. Per rispettare gli impegni presi con la firma dell’Accordo di Parigi la Cina dovrà tagliare la propria intensità carbonica del 60-65% entro il 2030 rispetto al 2005, portando il contributo delle fonti rinnovabili e a zero emissioni al 20% del consumo nazionale. Questo significa orientare fortemente il mercato e l’industria. A un ambizioso Piano d’azione è seguito l’annuncio della creazione di un sistema di finanza green che dovrebbe supportare la realizzazione di oltre 600 miliardi di $ di progetti green ogni anno.

Il Presidente Xi nell’apertura del B20, il Business forum, ha dichiarato: “I have said many times that green mountains and clear water are as good as mountains of gold and silver. To protect the environment is to protect productivity and to improve the environment is to boost productivity”. Per le imprese che ancora stentano a orientarsi verso modelli di business green si tratta forse del messaggio più importante, un suggerimento concreto a rivedere le proprie strategie non per tutelare l’ambiente o lottare contro il cambiamento climatico, ma per migliorare la propria competitività in un mondo in cui modelli di business a elevato impatto sull’ambiente e sul clima sono destinati a scomparire. Si, è decisamente questo il messaggio più importante dietro questo storico gesto.

 Nota dell’autore  | 13 ottobre 2016 |
  • “In poco più di un mese dalla redazione dell’editoriale, l’Unione europea ha spinto sull’acceleratore consentendo di superare la soglia critica del 55% delle emissioni globali di gas serra e all’accordo di entrare in vigore prima dalla COP22 di Marrakech. Come riportato nella news del 5 ottobre “Il Parlamento europeo ratifica l’accordo di Parigi sul clima”, solo sette Paesi europei hanno depositato gli strumenti di ratifica in tempo per consentire di raggiungere questo storico traguardo. Purtroppo l’Italia non è tra questi.”

    Link e documenti utili:

    UNFCCC 2016 Aggregate effects INDC update 2 maggio

    Sezione del sito web UNFCCC sullo stato di ratifica dell’Accordo di Parigi

    Gli INDCs comunicati per l’Accordo di Parigi

    Accordo sul clima, Orsini: “Ecco perché siamo in un momento storico” |Il direttore della Fondazione Raimondo Orsini intervistato da RaiNews24 | 11 settembre 2016 | 

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