Che fare per non perdere risorse europee del Recovery fund?

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

È noto – ce lo ha ricordato recentemente anche il ministro Daniele Franco – che l’Italia è stata capace di utilizzare, negli anni passati, solo circa il 40% delle risorse europee disponibili. Che dobbiamo fare perché questa pessima esperienza non si ripeta con i 209 miliardi messi a disposizione dalla UE per Piano nazionale di ripresa e di resilienza che vanno spesi entro il 2026?

Certamente occorrerà mettere in campo nuove iniziative perché un’inefficienza così grave del sistema Paese possa essere superata e perché le tante aspettative alimentate sul Recovery fund non siano deluse. Provo a proporre un sommario elenco dei problemi da affrontare.

Spesso i progetti presentati non vengono finanziati e richiedono modifiche e integrazioni, con allungamento dei tempi, perché non rispettano i requisiti europei. Per velocizzare le procedure per accedere ai fondi europei del Recovery fund, sarebbe buona cosa che il governo e i ministri competenti  dedichino particolare cura all’applicazione dei criteri e degli indirizzi europei nella definizione dei progetti.

Per velocizzare le realizzazioni degli interventi occorre migliorare la loro accettazione sociale sui territori, innanzitutto proponendo buoni progetti, per impianti o un’attività utili, con efficaci  tutele ambientali. Servono, inoltre, sia un effettivo coinvolgimento delle amministrazioni locali, sia l’adozione di modalità, indipendenti e ben strutturate, di informazione e di partecipazione pubblica nei territori coinvolti.

C’è un serio problema dei tempi troppo lunghi delle procedure per le autorizzazioni. Se, come accade, si impiegano 4 o 5 anni  per l’autorizzazione, è impossibile rispettare i tempi del Recovery fund. Servono corsie rapide, semplificate, per attività e impianti che generano vantaggi ambientali. Una maggiore digitalizzazione può contribuire a ridurre i tempi. Taluni termini vanno resi perentori: oltre si procede comunque, salvo possibilità di controlli ordinari successivi. Correggendo, per esempio, norme come quelle che in Italia regolano, complicando anziché  semplificare, l’autorizzazione “end of waste” per il riciclo.

Per anni il numero del personale tecnico degli uffici per i controlli e le autorizzazioni dei ministeri, dell’Ambiente in particolare, ma anche delle Regioni, è stato ridotto, aumentando il ricorso a contratti a termine e a lavori precari. Per accelerare le procedure, e migliorare i progetti, occorre potenziare, non indebolire, gli uffici tecnici preposti.

Indagini per “abuso d’ufficio” trascinate a lungo, con costi personali elevati per i pubblici dipendenti coinvolti, anche se, per la gran parte, si sono risolte con proscioglimenti, sono diventate motivo per allungare le procedure, rinviare le decisioni, evitare firme di responsabili degli uffici pubblici.

Se, nonostante le parziali modifiche, il reato di “abuso d’ufficio” – aggiuntivo a quelli di corruzione e concussione – avesse favorito lo sconfinamento del controllo penale all’interno delle scelte discrezionali della Pubblica amministrazione e disincentivato responsabilizzazione ed efficacia delle strutture pubbliche, non sarebbe ora di abolirlo?

Arrivando risorse pubbliche consistenti, va tenuta alta la guardia contro infiltrazioni della criminalità organizzata e contro la corruzione con una giustizia, civile e penale, più efficiente e più rapida. Se permanessero i tempi lunghi attuali dei contenziosi amministrativi e dei processi penali non vi sarebbe alcuna possibilità di rispetto dei tempi europei per gli interventi coinvolti.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 19/03/2021
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