e invece hanno potuto assistere soltanto alla produzione di un risicato accordo promosso da 5 nazioni, senza una dignità di Trattato e  neanche impegni precisi di riduzione della Co2. Il corrispondente ambientale della BBC, Richard Black, che ha seguito attivamente tutto il summit, si spiega nei seguenti 8 punti il fallimento del negoziato:

1. I governi-chiave (USA ed il gruppo BASIC) non vogliono più un accordo globale, frutto di approfonditi negoziati e con un approccio mondiale, ma ormai preferiscono incontri con numero limitato di partecipanti e posizioni pre-confezionate che riflettano interessi specifici di poche nazioni importanti.
2. Il sistema politico americano-che impone il consenso del Congresso su ogni impegno internazionale-blocca di fatto l’autonomia del Presidente USA nei negoziati.
3. I tempi non hanno aiutato Obama: alle prese con la riforma della Sanità, non si è potuto dedicare con forza alla questione clima.
4.  Il Governo danese ha gestito l’evento e le trattative in maniera disastrosa. Non solo per la parte organizzativa (il summit è considerato il peggio organizzato della storia dell’ONU), ma soprattutto per la parte diplomatica, che avrebbe dovuto portare all’accordo sul testo finale, sul quale il governo danese ha commesso errori da principiante.
5. Il clima: faceva freddo, e ciò non aiuta a temere il riscaldamento globale.
6. La cultura delle news-lampo ha portato i giornalisti e l’opinione pubblica a prediligere dichiarazioni dei leader-magari senza contenuto sostanziale ma in tempo reale-rispetto a posizioni approfondite e non comunicate fino all’ultimo momento.
7. La politica dell’Unione Europea è stata suicida: avrebbe potuto bocciare la proposta USA-BASIC del venerdi, tenendo il punto sulla posizione “o un accordo serio o niente”, ottenendo il consenso dei paesi non industrializzati e stanando gli USA e gli altri. Perché non lo ha fatto?
8. Le campagne dei gruppi di pressione hanno completamente sbagliato strategia.

Impareremo la lezione?