Circolare del Ministero dell’Ambiente sull’end of waste

Il Ministero dell’ambiente ribadisce che le regioni in sede di rilascio delle autorizzazioni per la gestione dei rifiuti possono determinare i criteri end of waste. Con una circolare pubblicata in data 1 luglio 2016, prot. 0010045, a firma del direttore generale competente il Ministero dell’ambiente è intervenuto a dirimere una situazione di stallo che da tempo si protraeva in merito all’attribuzione della competenza sulla determinazione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto.
Come si può arguire, stabilire il momento in cui un rifiuto termina di essere tale è il punto centrale delle politiche sui rifiuti. Senza tale determinazione un rifiuto rimarrebbe tale per sempre. Essa è tanto più importante, quanto più si voglia promuovere il riciclaggio o il riutilizzo di un materiale/bene divenuto rifiuto. Quindi, non disciplinare questo concetto o complicarne l’applicazione rende impossibile o difficoltoso perseguire la “Società del riciclaggio”, come ci chiede l’Unione europea e nella quale tutti noi verremmo vivere.

Il casus belli nasce con l’entrata in vigore dell’art. 3, comma 4, del d.l. 91/2014, convertito con la legge 116/2014, che ha apportato alcuni commi aggiuntivi all’art.216 del d. lgs n. 152/06. Secondo una lettura di qualche ufficio regionale queste aggiunte impedirebbero alle stesse amministrazioni di poter autorizzare nuovi impianti di riciclaggio o recupero di rifiuti.

Il risultato di questa lettura è stato di bloccare l’avvio degli impianti che propongono nuove tecnologie, stimolando in qualche caso gli imprenditori interessati ad aprire gli stessi stabilimenti in altri paesi europei.
La nota del Ministero spiega, invece, che le aggiunte apportate nel 2014 non hanno modificato il riparto delle competenze e che le regioni hanno conservato in pieno i propri poteri di definire i criteri end of waste in sede di rilascio delle autorizzazioni alla costruzione ed esercizio di impianti di gestione dei rifiuti, tranne i casi in cui rispetto a quella tipologia di rifiuti non già stati definiti i criteri con regolamento comunitario o decreto ministeriale.
In tali due ipotesi, infatti, le regioni dovrebbero attenersi ai criteri definiti dal legislatore comunitario o italiano.

 

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