Intervista a Edo Ronchi su Tiscali.it. “Italia in ritardo, necessario investire sulle fonti rinnovabili”

Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, ha rilasciato oggi un'intervista per il portale Tiscali.it in cui si esprime sullo stato delle cose in Italia sul versante energia.

Agli ultimi posti in Europa per produzione di energia da fonti rinnovabili. Mentre la Germania vola e altri Stati come l’Inghiterra o l’Olanda fanno a gara per raggiungerla, l’Italia, sempre ai blocchi di partenza, ignora le continue spinte comunitarie. “Il nostro Paese soffre di un forte ritardo culturale rispetto alla media europea, quel ritardo che accomuna tutti i Paesi dell’area mediterranea”, ci spiega Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile ed ex ministro dell’Ambiente. L’incapacità dell’Italia di guardare ai paesi nordici in termini di sviluppo energetico è storia e la pagina più recente riguarda proprio le fonti alternative. “E poi in Italia c’è il problema della polemica sempre aperta contro l’ambientalismo ideologico, una gabbia dalla quale non si esce”.

 

E i numeri ci dicono che il gap con i paesi del Nord Europa è davvero ampio.

 

“Per fare una valutazione basta prendere in considerazione il periodo 2000-2007. In questo lasso di tempo l’Ue dei 15 ha aumentato la produzione di energia elettrica attraverso le rinnovabili in media di un +26,4%. Il primo Paese è la Germania che ha incrementato la sua produzione del 119%. Segue l’Olanda (+161%), la Gran Bretagna +109,7% e ancora la Spagna (+64,7%). L’Italia in questo periodo ha fatto registrare il -3,7%”.
Un quadretto per nulla edificante.
“Niente di buono in effetti, anche se bisogna ammettere che, avendo piovuto molto nel 2008, la produzione di energia idroelettrica è cresciuta facendo segnare un +7% rispetto al 2007. Ma è chiaro che da noi non c’è il forte sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili che vediamo negli altri Paesi”.

 

E allora l’Italia su quali fonti rinnovabili dovrebbe investire?

 

“Secondo me su tutte. Abbiamo appena detto dell’energia idroelettrica, guardando soprattutto ai piccoli impianti. Ma anche l’eolico che ha visto negli ultimi anni un grande sviluppo in Europa e poi il solare che rappresenta un importante settore di sviluppo che guarda al futuro. Mentre in tutta Europa si investe, l’Italia sfrutta pochissimo il solare: solo 0,04 kwh prodotti nel 2007. Poi anche le biomasse, la geotermia e la cattura del CO2 offrono delle opportunità interessanti”.

 

Con la legge 27 febbraio del 2009 il governo ha cancellato l’obiettivo del 25% di energie pulite entro il 2012. Lei ha duramente criticato questa decisione.

 

“Certo, perché il governo ha messo un obiettivo al 2020 del 17% e per di più sui consumi finali senza specificare quale sia la quota di produzione di energia elettrica, comprendendo anche calore e biocarburanti. Quindi di fatto è stato cancellato l’obiettivo previsto dalla legge 244/2007. Una norma che puntava a coinvolgere le Regioni a incrementare rapidamente (entro 4 anni) nei rispettivi territori la localizzazione di impianti per la produzione di elettricità da fonti rinnovabili. Ed oggi non sappiamo ancora quale sia l’impegno che il governo vorrà prendere per promuovere la produzione energetica attraverso le fonti pulite”.

 

Una pagina ancora da scrivere.

 

“Esatto. Attendiamo chiarimenti attraverso nuove norme che stabiliscano la ripartizione tra le energie. E comunque sarà un orizzonte non più fissato per legge a breve termine, ma al 2020. Per sapere quale sarà il nuovo obiettivo al 2012 bisogna attendere le norme. Ma si tratterà, è evidente, di un obiettivo modesto”.

 

Per tenersi in linea con l’Europa e con gli impegni internazionali, cosa dovrebbe fare secondo lei l’Italia?

 

“Scelte più coraggiose. Lo possiamo dire sempre in termini percentuali: dovremmo raggiungere una produzione di energia pulita pari al 18 per cento e, in termini di elettricità, almeno il 33%. Ma parliamoci chiaro: qui sono state rinviate anche le norme già vigenti sull’efficienza energetica dei fabbricati. E’ un segnale molto indicativo”.

 

Il governo ha però optato per la produzione di energia nucleare.

 

“Sì, e per fortuna è una scelta ancora aperta: non c’è ancora la legge, non c’è il sito, non c’è il progetto di finanziamento e serve un immobilizzo ingente di capitali a lunga scadenza. Tanto più che si è optato per la tecnologia francese che è superata dalle centrali di quarta generazione. E queste saranno pronte solo tra 10-15 anni. L’Italia sta investendo in una tecnologia vecchia che non dà grande resa in termini di sicurezza (valutata sulla base delle probabilità di incidente per contenuto di pericolosità). Io vedo tante chiacchiere e poca sostanza, mettiamola così”.

 

Una scelta sbagliata dunque?

 

“Sbagliata e incostituzionale. Perché il Titolo V della Costituzione, all’articolo 117, stabilisce che la materia dell’energia è una materia concorrente, sulla quale decidono anche le regioni. Ma il Governo per aggirare gli ostacoli è intenzionato a dichiarare il nucleare di “interesse nazionale”. Quindi la questione potrebbe arrivare fino alla Corte Costituzionale. Ancora tutto aperto”.

 

Il timore di molti è che gli ingenti investimenti che il nucleare richiede, alla fine arrivino dalle casse pubbliche e non da quelle di investitori privati.

 

“Secondo le norme Ue questo non si può fare perché gli Stati sono autorizzati a finanziare, al fine di incentivarle, solo le energie rinnovabili. Il nucleare non lo è e quindi o lo finanziano i privati o non lo finanzia nessuno. Sempreché, ovviamente, le leggi non riescano a far cambiare le leggi”.

 

Intervista di Antonella Loi per Tiscali.it

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