Nel mondo ci sono 195 “bombe di carbonio” pronte ad esplodere, sono i nuovi impianti oil&gas

bombe di carbonio

Nel mondo ci sono 195 mega impianti di estrazione di petrolio e gas che hanno appena avviato le attività o sono in fase di realizzazione e che, si stima, potrebbero arrivare a produrre da soli quasi 650 miliardi di tonnellate di CO2 (quasi 20 volte le emissioni che si producono oggi in un anno). In testa per budget emissivo ci sono gli Stati Uniti.

L’allarme lo ha lanciato il Guardian li ha definiti bombe di carbonio, che sottolinea come debbano essere i Governi a porre immediatamente un freno ai programmi di espansione delle aziende Oil & Gas, a cominciare anche da una riduzione incisiva dei sussidi ai combustibili fossili.

Gli autori dell’inchiesta sottolineano che se i Governi non agiranno in fretta per bloccare l’attività di questi progetti, l’obiettivo di limitare l’aumento di temperatura a 1,5 °C sarà irreversibilmente compromesso: da soli, infatti, questi progetti (nell’arco della loro vita) esauriranno abbondantemente tutto il carbon budget disponibile, ovvero la quantità di CO2 che ancora possiamo emettere in atmosfera da qui a fine secolo per rispettare l’obiettivo climatico.

Non si tratta di progetti solo sulla carta, ma di impianti sui quali le maggiori aziende mondiali di petrolio e gas hanno già avviato ingenti investimenti, quindi con un futuro molto concreto di realizzazione: circa 100 milioni di dollari al giorno saranno investiti in questi progetto da qui al 2030. Si tratta di cifre enormi e in totale contrasto con le indicazioni della comunità scientifica, secondo cui già da questa decade non dovremmo avviare nessun nuovo progetto fossile, per rimanere in rotta con gli obiettivi climatici.

Dei 195 impianti censiti, circa il 60% è già operativo mentre il restante 40% è ancora in fase di approvazione o costruzione. In totale produrranno oltre 190 miliardi di barili di combustibili fossili, in pari misura sia di petrolio che di gas. Numeri che preoccupano se si considera anche che oltre due terzi di questi volumi avverranno, secondo il Guardian, con una produzione estrattiva ad alto rischio, in zone molto fragili del Pianeta e con fuoriuscite di metano potenzialmente elevate.

A detenere il primato di produzione di fossili saranno l’Asia mediorientale (con quasi 33 miliardi di barili), la Russia (23 miliardi) e il Nord America (22 miliardi), mentre l’Europa si fermerà a 3 miliardi, come l’Australia. Ma se guardiamo alle emissioni stimate dei diversi progetti, saranno di gran lunga gli Stati Uniti a produrre la maggior parte delle bombe di carbonio: ben 140 miliardi di tonnellate di CO2 (quasi un quinto delle 650 stimate nel complesso per tutti i 195 progetti) verranno infatti da questo Paese, seguito dagli Emirati Arabi con 107 miliardi di tonnellate di CO2 e dalla Russia con 83 miliardi di tonnellate di CO2. La differenza fra i volumi di produzione fossile e di emissioni di CO2 stimate rende bene l’impatto particolarmente devastante che i progetti a più alto rischio, come quelli negli Stati Uniti per la produzione di GNL, possono avere sull’ambiente e sul clima.

 

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