Più rinnovabili ed efficienza energetica per dipendere meno dal gas

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Mentre reagiamo per mitigare i forti impatti sulle famiglie e sulle imprese dell’impennata dei prezzi del gas, e quella conseguente dell’elettricità, ci domandiamo quanto durerà e come affrontarla in modo strutturale e a medio termine. È evidente che la profonda recessione causata dalla pandemia e la ripresa, rapida, dello scorso 2021, in particolare in Europa, hanno creato un forte squilibrio fra una rapida e consistente crescita della domanda di gas, aumentata anche con la stagione invernale, e le difficoltà dell’offerta ad adeguarsi.

Ha pesato sul rialzo dei prezzi anche il timore di un’invasione russa dell’Ucraina e della conseguente riduzione delle forniture di gas russo all’Europa.

Quanto può durare questo rialzo e a che livello si stabilizzerà il prezzo del gas dopo questa impennata? Secondo l’IEA, l’Agenzia Internazionale dell’Energia, (WEO,2021) nei prossimi 5 anni l’uso del gas naturale aumenterà in particolare nei Paesi dove si riduce l’uso del carbone e del nucleare (come in Germania), se non sarà compensato da un contemporaneo forte aumento delle rinnovabili. E aumenterà nei mercati emergenti (in particolare in Cina) e in quelli in via di sviluppo (come l’ India) per ridurre l’uso del carbone al fine di migliorare la qualità dell’aria nelle città e contenere le emissioni di gas serra. Dopo il 2025, scrive l’IEA, la domanda mondiale di gas, se si afferma uno scenario di decarbonizzazione, dovrebbe flettere: la forte crescita delle rinnovabili, le misure di maggiore efficienza energetica degli edifici e degli impianti termici dovrebbero produrre una riduzione dei consumi di gas, in particolare Europa e negli USA.

L’IEA in questo rapporto del 2021 fornisce anche alcuni dati interessanti: il costo livellato, alla base dei prezzi, dell’elettricità nell’Unione Europea nel 2020, prima dell’attuale picco dei prezzi, è stato di 110 dollari al megawattora se generata da una centrale a gas, di 55 dollari se prodotta da pannelli solari e di 50 dollari se prodotta con impianti eolici. Le rinnovabili svolgevano già, anche prima del forte aumento del prezzo del gas, un rilevante ruolo di moderazione dei prezzi dell’elettricità. Ma dopo questo picco che succederà? L’IEA fornisce anche una previsione a medio termine: il costo livellato dell’elettricità prodotta col gas, al 2030, si attesterebbe a 140 dollari al megawattora, mentre quello dell’elettricità rinnovabile diminuirebbe a meno di un terzo di quello del gas, scendendo a 40 dollari per il solare e a 45 dollari per l’eolico. Nel caso dello scenario della neutralità climatica che prevede un forte aumento delle rinnovabili, i costi scenderebbero ulteriormente: a 25 dollari per il solare e a 40 dollari per l’eolico. Sia detto per inciso: lo stesso citato rapporto dell’IEA indica quale costo livellato, nel 2020, dell’energia elettrica prodotta con centrali nucleari in Europa, ben 150 dollari al megawattora. Coloro che, specie in Italia, parlano di nucleare per ridurre i costi dell’energia, sono disinformati: il nucleare oggi è la fonte più cara per produrre elettricità. Questi numeri dicono una cosa precisa: non solo per ragioni climatiche, ma anche per neutralizzare gli impatti degli aumenti dei prezzi del gas e dell’elettricità occorre, innanzitutto, produrre più energia con fonti rinnovabili. E occorre farlo in fretta, accelerando la costruzione di molti nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili, per le famiglie e per le imprese, prestando anche la massima attenzione affinché con le misure adottate per mitigare la crescita dei prezzi del gas non si finisca col colpire e scoraggiare gli investimenti nelle rinnovabili. E senza dimenticare che occorre rafforzare l’efficienza e il risparmio energetico negli edifici e nelle attività produttive e non incentivare più sprechi energetici.

Il rialzo dei prezzi del gas anche in Italia è stato molto forte, anche se non abbiamo avuto problemi di fornitura. In Italia nel 2021 (fonte SNAM,9 febbraio 2022) il consumo di gas è stato pari a circa 76 miliardi di metri cubi: il rimbalzo rispetto al 2020 c’è stato, con un aumento dei consumi di circa 5 miliardi di metri cubi, pari al 7,2%. Il consumo di gas in Italia nel 2021 – se sottraiamo 1,5 miliardi metri cubi di gas che abbiamo esportato – è stato però più o meno lo stesso del 2019. Siamo ben lontani dai livelli di consumo di gas che abbiamo soddisfatto in anni passati: nel 2005, per esempio, i consumi di gas in Italia erano di 86,2 miliardi di metri cubi. Nel 2021 l’Italia ha importato circa il 40% del gas dalla Russia, ma ha aumentato anche quello dall’Algeria portandolo al 29%; ha ridotto l’import di gas dal Nord Europa e dalla Libia, ma ha aperto anche il nuovo gasdotto TAP che porta gas in più dall’Azerbaigian per il 10% dei consumi; dispone di 3 rigassificatori, riforniti dalle navi gasiere, che hanno fornito il 15,5% del gas nel 2021, meno del 2020, quando ne fornivano il 19,2% e che potrebbero tornare ad aumentarlo.

L’Italia dispone di un buon livello di scorte e di sicurezza di approvvigionamento proprio perché dispone di diverse possibilità di fornitura di gas. Il Governo ha dichiarato che intende anche promuovere un aumento dell’estrazione del gas nazionale che nel 2021 è sceso, da 4 miliardi di metri cubi nel 2020, a 3,3 miliardi. L’aumento dell’estrazione di gas nazionale può aumentare i ricavi di chi lo estrae e lo vende, ma date le quantità percentualmente modeste della produzione nazionale rispetto ai consumi, gli aumenti dell’estrazione del gas nazionale non sono in grado di influire significativamente sui prezzi del gas. Non dimentichiamo che nel 2021, mentre i prezzi salivano a livelli molto elevati, l’Italia ha esportato 1,5 miliardi di metri cubi di gas. Aumentando un po’ la modesta produzione nazionale, potrebbero aumentare le esportazioni a vantaggio dell’esportatore, ma senza alcun significativo impatto sulla riduzione dei prezzi del gas.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 12/02/2022
Facebooktwitterlinkedinmail