Il ritardo dell’Italia nelle misure climatiche al 2030 riduce i potenziali di rilancio economico

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Francamente mi aspettavo una maggiore attenzione dai media. La notizia lo meriterebbe: con il passo attuale, l’equivalente nazionale del nuovo target europeo di riduzione delle emissioni di gas serra, fissato per il 2030 al 55%, in Italia sarebbe raggiunto nel 2059, con 29 anni di ritardo; quello per le energie rinnovabili, fissato a livello europeo al 40%, sarebbe raggiunto nel 2054, con 24 anni di ritardo. C’è anche un ritardo medio europeo di 19 anni per le emissioni: ritardo significativo, ma comunque di 10 anni inferiore di quello italiano.

A questa conclusione giunge lo studio – presentato il 4 settembre scorso, da Fondazione Enel e da The European House Ambrosetti – “European Governance of the Energy Transition”, realizzato da un comitato scientifico e da un team di ricercatori di livello internazionale. Altro che bagno di sangue della transizione climatica! Lo studio, oltre a sottolineare l’urgenza di intervenire per far fronte al cambiamento climatico, evidenzia, invece, che questo ritardo non consente di utilizzare i grandi potenziali di sviluppo degli investimenti per la decarbonizzazione che, nei prossimi 10 anni, potrebbero attivare benefici economici – diretti, indiretti e indotti – stimati in 424 miliardi di euro in Italia e in 8.126 miliardi in Europa.

In particolare in Italia è ancora vigente il vecchio PNIEC (Piano nazionale per l’energia e il clima), ormai superato e non ancora adeguato ai nuovi target decisi a livello europeo. Né c’è ancora, a differenza di Francia, Germania e Regno Unito, una legge per il clima che stabilisca una quadro certo di politiche e misure, per tutti i settori coinvolti e anche per le Regioni, per raggiungere i target al 2030 e la neutralità climatica al 2050.

Questo studio, per cambiare passo, avanza sette proposte: rafforzare la cooperazione nella governance della transizione energetica; adottare un approccio regionale per favorire integrazione dei mercati europei; incoraggiare a livello internazionale il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM); promuovere meccanismi più efficaci per assicurare che i Nationally Determined Contributions (NDC) siano coerenti con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi; semplificare le procedure di autorizzazione per gli impianti a fonte rinnovabile e promuovere interventi in favore dell’efficienza energetica; creare un meccanismo di interazione omogeneo e standardizzato tra le autorità locali da un lato e i distributori di elettricità e i gestori dei punti di ricarica dall’altro; promuovere la piena integrazione di distretti industriali e cluster di imprese a livello locale, di ecosistemi di innovazione e di comunità energetiche con la rete di distribuzione nazionale.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 10/09/2021
Facebooktwitterlinkedinmail