di Edo Ronchi
La successione delle alluvioni e delle frane in Italia negli ultimi mesi è impressionante. Non scopriamo oggi che il nostro territorio è fragile e vulnerabile e che uno sviluppo insediativo e infrastrutturale, disattento alla sostenibilità idrogeologica, lo ha reso meno resiliente e più esposto ai rischi.
E anche che si poteva fare di più e meglio per ridurre l’esposizione ai rischi e per limitare i danni. La novità di questi ultimi anni è il cambiamento climatico che sta provocando un aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi che alimentano alluvioni e frane.
I dati sono veramente allarmanti: In Italia (European severe weather database) dall’inizio del 2019 si sono verificati 1.543 eventi atmosferici estremi, circa cinque al giorno; 10 anni fa, nel 2009, erano stati 213; nel 1999, 20 anni fa, erano stati solo 17. In 10 anni le bombe d’acqua che fanno esondare i fiumi sono quasi triplicate: dalle 395 del 2008 alle 1.024 del 2018.
Che fare quindi? Intanto dovremmo preoccuparci di cercare di evitare ulteriori gravi peggioramenti, purtroppo prevedibili se il riscaldamento globale procede con il ritmo attuale. L’Italia, così pesantemente colpita dal cambiamento climatico, dovrebbe essere scatenata a livello internazionale per sostenere politiche di taglio più incisivo delle emissioni di gas serra. E dovrebbe dimostrare di fare sul serio in casa propria. Così non è: le emissioni di gas serra in Italia non diminuiscono da 5 anni e, secondo l’ultima proiezione di ISPRA, sono addirittura aumentate nel 2019 .
Si dovrebbe, inoltre, varare rapidamente e rendere operativo un piano pluriennale di misure di adattamento al cambiamento climatico – che ancora non c’è – per aumentare la resilienza ai fenomeni atmosferici estremi, integrando e rendendo più incisive le misure di prevenzione del dissesto idrogeologico e quelle di manutenzione e messa in sicurezza del territorio, delle abitazioni nelle zone a maggiore rischio – delocalizzandole quando necessario – e delle infrastrutture.
Si tratta di una sfida molto impegnativa che richiederebbe uno sforzo straordinario del governo e del Parlamento. Anche fare poco, tuttavia, non è privo di rischi per i decisori politici: l’aggravamento della crisi climatica è rapido e i cittadini chiederanno conto dell’efficacia delle misure adottate. Sottovalutare la nuova e maggiore dimensione dei rischi climatici, la vasta portata degli interventi necessari, l’enorme quantità di risorse finanziarie necessarie e l’urgenza di modalità efficienti e rapide di spesa e di realizzazione delle misure, ci lascerebbe, in modo sempre più evidente, esposti a pericoli e danni ingenti e crescenti. Non è detto che si riesca ad affrontare con successo una sfida di questa portata, ma non provarci seriamente sarebbe imperdonabile.