La perdita di biodiversità mette a rischio lo sviluppo dell’intero Pianeta

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

L’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES), l’organismo creato dalle Nazioni Unite con la partecipazione di 132 Paesi, che si avvale della collaborazione di circa mille esperti di varie università e centri di ricerca di tutto il modo, ha completato uno studio, disponibile come draft aggiornato al 31 maggio 2019, sulla biodiversità e i servizi ecosistemici a livello mondiale.

Questo Global Assessment dell’IPBES è un lavoro di tale vastità e portata da segnare un salto di qualità nella conoscenza della crisi globale della biodiversità. Il rapporto, di circa 1.700 pagine, è organizzato in 6 capitoli, ciascuno dei quali è un volume: il primo è introduttivo e di inquadramento; il secondo, diviso in tre parti, contiene un’ampia analisi dello stato del patrimonio naturale mondiale e dei principali trend nel periodo 1970-2020; il terzo contiene una valutazione dei trend più recenti rispetto ai target di tutela dal 2011 al 2020; il quarto analizza le tendenze in atto nei prossimi tre decenni, fino al 2050; il quinto propone un possibile scenario sostenibile per la biodiversità a livello globale; il sesto individua le politiche, le misure e gli strumenti per realizzarle, necessari per lo scenario di sostenibilità.

Senza alcuna pretesa di fare in poche righe la sintesi di un simile ingente lavoro, mi limito ad alcune considerazioni, più che altro con l’intenzione di contribuire a suscitare maggiore attenzione per questo storico rapporto.

Molto del patrimonio naturale mondiale è stato perso e quello che rimane continua a declinare: gli indicatori sulle condizioni degli ecosistemi, della composizione delle comunità ecologiche e delle popolazioni delle specie, mostrano un netto declino negli ultimi decenni.

Più del 40% della superficie terrestre è coltivata o urbanizzata e meno del 23% è ancora classificata come area naturale. Globalmente la parte delle foreste che non è gestita per la produzione di legname o per coltivazione, dal 1990 è dimezzata e il declino continua. La perdita di foreste tropicali è triplicata in dieci anni; le foreste  primarie, ad elevata biodiversità, continuano a diminuire, anche se nelle zone temperate e nelle alte latitudini si stanno espandendo per effetto dei programmi di riforestazione e per l’abbandono dell’agricoltura e dei pascoli.

Circa un milione di specie animali e vegetali sono minacciate per sovrasfruttamento, inquinamento, specie aliene invasive e per il cambiamento climatico. Il ritmo di estinzione è da 10 a 100 volte maggiore della media degli ultimi 10 milioni di anni. Almeno 3000 specie di vertebrati e 40.000 specie di piante sono minacciate di estinzione per la perdita o il deterioramento degli habitat. 559 delle 6190 specie di mammiferi allevati dall’uomo si sono estinti e altre 1000 specie sono minacciate di estinzione. In media le comunità ecologiche terrestri hanno perso il 20% della loro originale biodiversità.

In modo inequivoco questo rapporto documenta come l’attuale tasso di perdita della biodiversità mondiale – della multiforme ricchezza della natura sul nostro pianeta che si esprime a livello della diversità genetica, delle specie e degli ecosistemi – ha raggiunto negli ultimi 50 anni, in un intervallo di tempo molto breve, livelli senza precedenti che già comportano impatti e rischi rilevanti per le condizioni di vita e le possibilità di sviluppo dell’umanità e che, se dovessero proseguire di questo passo, porterebbero a minacce estese e consistenti alle condizioni di vita, per come le conosciamo, sul nostro Pianeta.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 07/06/2019
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