Rio + 20: fra vecchia e nuova economia

di Francesco La Camera

Il prossimo Summit Rio + 20, che si terrà a Rio dal 4 al 6 giugno del prossimo anno, avrà due temi principali:

1. la green economy nel contesto dello sviluppo sostenibile e dello sradicamento della povertà;
2. il quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile.

A questi due temi si accompagnerà, sulla base di un Rapporto del Segretario Generale, una riflessione sui risultati raggiunti dopo i passati Vertici sui temi della sostenibilità, per ultimo Johannesburg del 2002, i gap nell’attuazione e le sfide emergenti.

Come è noto il Summit è stato fortemente voluto dall’allora presidente del Brasile Lula, e deciso con una risoluzione delle Nazioni Unite alla vigilia del Natale 2010.

I tempi per la preparazione sono così estremamente ridotti, ed inevitabilmente ciò avrà un impatto sui possibili risultati. Dal punto di vista istituzionale si spera che sia almeno l’occasione per la riforma dell’Unep, da trasformare al ruolo di agenzia globale, e l’individuazione di possibili elementi di indirizzo per la riforma del Consiglio Economico e Sociale dell’Onu (Ecosoc), che dovrebbe riflettere in modo più compiuto l’idea dello sviluppo sostenibile come elemento guida e trasversale alle varie politiche.

Qui vorrei soffermarmi sull’idea della green economy nel contesto dello sviluppo sostenibile.

Nell’ambito di varie organizzazioni internazionali si è affermata l’idea che la green economy, nelle sue diverse declinazioni Green Growth, Soft Economy, Greening of the Economy, Green New Deal, possa essere la risposta vincente alla crisi economica ed ambientale che ha segnato i primi passi del nuovo millennio.

Nel linguaggio della comunicazione, e purtroppo anche in quello delle risoluzioni o dei documenti ufficiali, l’uso di questi termini, nella loro relazione con lo sviluppo sostenibile, alimenta una confusione terminologica che rischia di investire e neutralizzare i contenuti dell’idea stessa di sostenibilità. A proposito basta fare riferimento alla Strategia europea 2020, dove la crescita economica, la prima priorità come risposta alla crisi,  diventa intelligente, sostenibile, per conciliare con essa, purtroppo solo nominalmente, le risposte alle emergenze ambientali. Queste nuove parole d’ordine sembrano ormai sostituirsi al concetto ed al significato dello sviluppo sostenibile, in alcuni casi ne vorrebbero esprimere il superamento.

Anche qui basti l’esempio dell’Europa dove l’idea guida dello sviluppo sostenibile, tradendo le aspettative iniziali del dopo Gotebörg,  è stata confinata di fatto alla  dimensione ambientale, restando al margine, piuttosto che essere il cuore e la guida, del processo di formazione delle politiche e delle strategie europee incentrate nel Consiglio di primavera.

Eppure, anche nel documento Towards Green Growth, approvato lo scorso maggio dall’ Ocse (Ocse, 2011), si riconosce che lo Sviluppo sostenibile offre un importante contesto per il Green Growth: “La crescita verde non sostituisce lo sviluppo sostenibile, è piuttosto da considerare come un sottoinsieme di esso.” Purtroppo l’affermazione di principio viene poi tradita nei contenuti rimanendo del tutto inesplorate le implicazioni dell’assunzione dello sviluppo sostenibile come contesto a cui riferire la operabilità delle misure che caratterizzano la green economy. Quest’ultima si definisce, secondo gli orientamenti dettati dall’Ocse, nella ricerca delle necessarie condizioni per l’innovazione, gli investimenti e la competizione, che può dare nuove occasioni alla crescita economica, che siano consistenti con la capacità di resilienza degli ecosistemi.

Le condizioni di cui si parla sono di fatto confinate in interventi sulla operatività dei mercati, attraverso misure sul sistema dei prezzi e delle convenienze, per orientare produttività, innovazione e creare nuovi mercati per prodotti e tecnologie verdi. Detto diversamente: i prezzi devono internalizzare adeguatamente la valenza ambientale delle merci e dei servizi per orientare i mercati ed assicurare insieme crescita e sostenibilità.

 

La finalità strategica di tale approccio affonda le sue ragioni nelle radici culturali e teoriche dell’economia di mercato — la vecchia economia. Da qui l’idea che qualora i prezzi riflettano compiutamente il valore delle merci e dei servizi (anche quello ambientale) il sistema economico funziona garantendo il massimo benessere per tutti e la sostenibilità.

E’ una comoda ipocrisia. Intanto le interrelazioni fra economia, ambiente e società sono di tale complessità che molto spesso non è possibile stimare il valore economico o monetario assoluto delle modifiche della qualità ambientale (F. La Camera, A. Ravazzi, 2010).

In secondo luogo una efficiente allocazione delle risorse, che comprenda la preoccupazione ambientale, non assicura che il carico ambientale generato dal processo produttivo sia complessivamente sostenibile. Potremmo trovarci di fronte ad una efficiente allocazione delle risorse, ma con una scala dell’attività insostenibile per l’ecosistema.

Per chiarire le differenze fra la scala dell’attività economica (la prima priorità dell’economia della sostenibilità — la nuova economia), che possiamo identificare nel tasso di utilizzo delle risorse naturali da parte del sistema economico e la susseguente produzione dei rifiuti,  e l’efficiente allocazione delle risorse (tema principale della vecchia economia), Daly (Daly, 1996) utilizza l’esempio della Plimsoll line.

Come è noto l’originale “Plimsoll Mark”, che prende il nome dal parlamentare inglese che ne fu l’ispiratore, era un circolo formato da una linea orizzontale a segnalare il massimo pescaggio di una nave nelle aree portuali per prevenire il rischio di affondamento.. Daly afferma che il problema dell’efficiente allocazione è analogo a quello della ottima sistemazione delle merci a bordo di una nave. Una volta che il carico sia efficientemente allocato (in termini relativi), occorre ancora verificare che il carico (in termini assoluti) sia trasportabile e non faccia raggiungere  la Plimsoll line dalla linea d’acqua.

È evidente che la sostenibilità del carico non è un mero problema di efficienza, ma prima ancora un problema di complessiva capacità di carico.

Similmente la green economy può assicurare un’allocazione più efficiente delle risorse, ma non la sostenibilità dell’attività economica per se e neanche una distribuzione meno diseguale di reddito, opportunità, ricchezze naturali.

Anche qui, riferendoci al solo rapporto economia-ambiente e volendo semplificare al limite della banalizzazione, possiamo richiamare l’equazione I=PAT, dove I sta per il complessivo impatto dell’attività economica sull’ambiente, P per popolazione, A per i modi di consumo e T per la tecnologia utilizzata per fornire beni di consumo e servizi. È evidente, per assicurare la sostenibilità,   la necessità che i guadagni in termini di efficienza economica (T) compensino  l’aumento della popolazione e quello dei consumi connesso al mutare degli stili di vita.

Ma i dati mostrano come l’impatto ambientale dell’attività antropica è aumentato nel tempo. Anzi a volte la capacità tecnologica ha concorso ad un maggiore impatto piuttosto che viceversa. La complementarietà nell’utilizzo dei fattori produttivi, che l’economia della sostenibilità distingue a seconda che questi siano agenti o oggetto della trasformazione nel processo economico (F. La Camera, 2005), finisce per aumentare l’accesso e lo sfruttamento delle risorse, piuttosto che diminuirlo, quando aumenta l’efficienza dei fattori agenti della trasformazione.

L’impatto dell’attività economica sull’ambiente mostra invece una diminuzione quando la scala dell’attività economica è contenuta da fenomeni di crisi, come nei periodi di recessione, o da apposite politiche. Ad esempio, la produzione di CO2, diminuita nel 2009, a causa degli effetti della crisi finanziaria ed economica internazionale, ritorna subito a crescere a livelli record al primo segnale di recupero dell’economia nel 2010 (IEA, 2011).

L’espandersi incontrollato dei commerci internazionali, riassunto nella globalizzazione dei mercati, esercita una pressione non contrastata verso una crescita economica incompatibile con la sostenibilità. Il sistema del commercio internazionale genera oggi un benessere apparente (F. La Camera, 2007), che scontiamo, e sconteremo ancor di più negli anni futuri, con condizioni di degrado che attaccheranno, come previsto dal Rapporto Stern (2006), in mancanza di cambiamenti radicali nel modo di produrre e consumare, la stessa creazione del reddito e della ricchezza.

Nel contempo non sembra che allo stato dell’arte vi sia consapevolezza di tali difficoltà (O. Bina, F. La Camera in corso di pubblicazione). Guardando in casa nostra, il clima culturale dominato dai precetti della vecchia economia può essere emblematicamente rappresentato dalle annuali Considerazioni Finali del Governatore della Banca d’Italia. La scarsa considerazione del rapporto economia/ambiente, e della rilevanza di quest’ultimo nella creazione della ricchezza e del benessere, è segnalata dalla circostanza che le Considerazioni finali, negli ultimi anni, non citano neanche una volta la parola ambiente e la parola sostenibilità è riferita ai soli aspetti del debito.

Considerare la green economy come un sottoinsieme dello sviluppo sostenibile significa soprattutto anteporre le politiche di scala e distribuzione alle politiche di allocazione. La prioritaria definizione della scala e della distribuzione permetterà alle politiche che mirano alla complessiva efficienza economica di funzionare in maniera più efficace

L’equazione maggiore crescita economica = maggiore benessere si è mostrata col tempo ingannevole (F. La Camera, 2007). Per assicurare la sostenibilità e garantire sviluppo su scala globale non sono sufficienti le politiche che mirano alla efficienza produttiva attraverso interventi sul sistema delle convenienze economiche, anche se qualificate da una maggiore attenzione alla dimensione ambientale. Occorre un modo nuovo di intendere le relazioni fra economia, ambiente, società ed istituzioni, che abbia al centro l’uomo e non i mercati. Occorre che la costruzione di un nuovo senso di equità, bene comune, responsabilità, sia al centro del dibattito politico e sociale, necessariamente aperto alla partecipazione democratica non confinata nell’ambito degli strumenti della democrazia elettiva, ma protagonista della discussione sui valori e le scelte della società

Ciò significherebbe un elemento decisivo per il passaggio dalla vecchia alla nuova economia. Vedremo se Rio 2012 riuscirà a muovere un passo in questa direzione.

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H. Daly, Beyond Growth, Beacon Press, Boston, 1996
IEA, Prospect of limiting the global increase in temperature to 2ºC is getting bleaker , 30 May 2011, http://www.iea.org/index_info.asp?id=1959
Oecd, Toward Green Growth, Meeting of the Council at Ministerial Level, 25-26 May 2011
“Stern Review: The Economics of Climate Change”, 2006, hmTreasury, «Indipendent Reviews», http://webarchive.nationalarchives.gov.uk/+/http:/www.hm-treasury.gov.uk/sternreview_index.htm
F. La Camera, Sviluppo sostenibile — Origini, teoria e pratica, Editori Riuniti, 2. ed. rivista ed ampliata, Roma, 2005.
F. La Camera, Quale via per il partito democratico, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2007.
F. La Camera, Scale of economic activity and environmental taxation, in Critical Issues in Environmental Taxation Vol. VIII, Oxford University Press, Oxford, 2010.
F. La Camera, Misurare il valore dell’ambiente con le procedure di valutazione ambientale in Italia, Edizioni ambiente, Milano, 2009.
O. Bina, F. La Camera, Promise and shortcomings of a green turn in recent policy responses to the “double crisis”, Ecological Economics, in corso di pubblicazione.

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