Città intelligenti e sostenibili

a cura di Toni Federico

La città intelligente, la Smart City, non è una filosofia quanto piuttosto un patto d'azione in rete.

Il concetto di Smart city è diventato pervasivo nella scena politica negli ultimi anni senza essere così puntuale da costituire un vincolo per gli amministratori locali né soprattutto costringerli a schierarsi nel fronte ambientalista o in altri fronti. Smart sta per efficiente, capace, inclusivo, moderno, come tutte le città vorrebbero essere. Resta da vedere se sta anche per sostenibile.

 

La principale focalizzazione del paradigma Smart Citiy in origine può sembrare essere stata verso lo sviluppo delle infrastrutture per l’informazione, il controllo e la comunicazione basato sulle tecnologie informatiche ICT, ma in realtà riscontriamo oggi nel network ormai mondiale delle Smart City atteggiamenti ed interessi anche molto diversi: molta ricerca è stata promossa sul miglioramento del capitale umano, quindi sull’istruzione, sulla capacitazione (Sen, Nussbaum) e sul long life learning. Anche sul capitale sociale e relazionale urbano si sta investendo molto, nella convinzione che qui si trovino, come nelle qualità ambientali della città e nel livello di training dei cittadini, i fattori più importanti del progresso e della prosperità cittadine.

 

A distanza di anni dalla nascita il concetto di Smart city è ormai cambiato incontrando i principi e le prospettive dello sviluppo sostenibile. Si potrebbe dire che la New economy, fallimentare in quanto tale, è andata dieci anni dopo ad un promettente appuntamento con la Green economy sulla base dell’urgenza dell’innovazione ecologica per salvare l’economia, per dare ai cittadini una qualità della vita migliore ed infine per tentare una via nuova per perseguire, a partire dalle città, l’obiettivo ambizioso della sostenibilità che può salvare il pianeta dal cambiamento climatico e dalla scarsità di energia e di materia.

 

L’Europa ha svolto un ruolo essenziale in questo ricongiungimento. Questa curvatura del corso degli eventi è stata determinata in generale dalla autorevole ripresa dell’iniziativa politico-sociale da parte delle città, un tipo di istituzione sociale che ha scritto gran parte della storia dell’Europa, e dal programma Europa 2020. Due momenti meritano di essere chiamati a rappresentazione di questa evoluzione: i progetti di ricerca e sviluppo che, fioriti in molte città europee con il sostegno prevalente della Comunità, hanno avuto la capacità di ibridare la dimensione tecnologica con quelle della capacitazione e dell’inclusività sociale, con la razionalizzazione dell’uso delle risorse e con la qualità ambientale urbana nel quadro della strategia EU-2020. Le città europee del network smart sono spesso le stesse che hanno sottoscrittoo il Covenant of Mayors, un patto a rete di impegni più ambiziosi ancora di EU2020 per lottare contro i cambiamenti climatici.

 

Subito a valle della strategia 2020 l’Europa ha varato il SET-Plan (SEC (2009), 1295), il Piano strategico delle tecnologie energetiche, lanciato con lo scopo di colmare le lacune del settimo Programma quadro per la ricerca (FP7), insufficiente come supporto alla strategia EU 2020, ma anche con lo scopo di contrastare la crisi economica nelle fasi della sua prima manifestazione. Il SET-Plan ha aperto alcuni nuovi sentieri dell’innovazione tecnologica. Uno di essi è la Smart Cities Initiative inclusa nel SET-Plan, con il quale la Commissione europea si propone di “Progredire entro il 2020 verso una riduzione del 40% delle emissioni di gas a effetto serra attraverso l’uso e la produzione sostenibile dell’energia”, richiedendo “approcci sistemici e innovazione organizzativa, che comprende efficienza energetica, tecnologie a basse emissioni e la gestione intelligente della domanda e dell’offerta”.

 

La Fondazione per lo sviluppo sostenibile ha prodotto uno studio sulle Smart City basato sul pieno recupero delle dimensioni dell’ambiente, della qualità della vita e della sostenibilità entro i processi smart di pianificazione cittadina, sviluppando un approccio “per indicatori” capace di fissare i temi strategici del programma urbano, di rinnovare le variabili controllate rispetto ai tradizionali approcci del problema della qualità urbana, rivelatisi piuttosto spesso meramente descrittivi e deboli sul piano della programmazione e del monitoraggio dei progressi nel tempo. Lo studio “Città intelligenti e sostenibili” introduce i primi elementi dei nuovi concetti di benessere che, introdotti dal lavoro decennale dell’OCSE, dal Rapporto Stiglitz e dalla stessa iniziativa comunitaria nota con il nome di Beyond GDP (EU, 2007), solo ora stanno trovando applicazione nella definizione di nuovi indicatori e nella raccolta di nuovi dati statistici economici sociali ed ambientali finora ignorati.

Lo studio propone una metodologia di forte integrazione tra principi, programmi ed obiettivi mediante la scelta di un sistema di indicatori di target e di tempi di attuazione delle politiche e di una algoritmica per valutare le performance negli spazi multidimensionali complessi.

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