Energia: Ronchi, sull’aumento dei costi energetici incidono più i combustibili fossili che le rinnovabili

La bolletta energetica per i combustibili fossili è passata da 49,7 miliardi di euro nel 2010 a 58 miliardi nel 2011, con un aumento di 8,3 miliardi di euro, anche se i consumi di combustibili fossili sono diminuiti da 155,2 Mtep nel 2010 a 151 Mtep nel 2010.

Lo sottolinea il Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi. Gli aumenti più consistenti riguardano il petrolio, la cui fattura passa da 28,4 miliardi nel 2010 a 34,9 miliardi nel 2011, anche se i consumi di petrolio sono scesi da 72,2 Mtep a 70,9 Mtep nel 2011. Se guardiamo i dati del decennio scorso, dal 2000 al 2011, il fenomeno del forte aumento dei costi dei combustibili fossili è ancora più evidente: erano 34,7 miliardi (in valore reale 2011) nel 2000 e sono saliti a 58 miliardi nel 2011, con un aumento di 23,3 miliardi, anche se i consumi di combustibili fossili (petrolio, gas e carbone) sono scesi da 162,8 Mtep nel 2000 a 151 Mtep nel 2011.

 

L’aumento dell’incentivo in bolletta per le rinnovabili  elettriche, a fine 2011, rispetto al 2010, è stato, insolitamente alto, pari a circa 6 miliardi, con aumento della produzione nazionale di energia elettrica rinnovabile, soprattutto fotovoltaica, di circa 10 miliardi di KWh.  Sono solo  per l’elettricità e l’aumento è il più alto mai registrato per gli incentivi alle rinnovabili: tutto vero.  In ogni caso  questo aumento è inferiore di quello della bolletta pagata  per le fonti fossili, importate, aumento pagato nonostante  un consumo minore. Se guardiamo al futuro – prosegue Ronchi- è bene tener presente che le fonti fossili  costeranno sempre di più (in particolare il petrolio), mentre i costi delle rinnovabili (e degli incentivi) sono in diminuzione. L’Italia ha un interesse strategico di tipo economico,  non solo ambientale, nel sostenere e promuovere lo sviluppo delle energie rinnovabili, quello di ridurre la bolletta delle importazioni di combustibili fossili,  impedendo che cresca troppo, deprimendo la competitività della nostra economia.

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