Energie rinnovabili verso il 2020, il ruolo delle biomasse in Italia

Secondo i piani del Governo italiano entro il 2020 dovremo raggiungere la quota del 17% dei consumi di energia attraverso l'utilizzo di fonti rinnovabili. In questo contesto quale ruolo potranno giocare le biomasse?

Si è cercato di capirlo nel corso di “Biomasse: potenzialità di sviluppo al 2020”, un seminario del Forum delle imprese per lo sviluppo sostenibile tenutosi mercoledì 18 marzo a Roma, presso la sede dell’ICQ.
Secondo il professor Cotana, Direttore del Centro di Ricerca sulle Biomasse (CRB) dell’università di Perugia, le potenzialità delle biomasse sostenibili, ovvero quelle che non entrano in competizione con l’agricoltura destinata all’alimentazione, corrispondono all’incirca al 10% dell’energia consumata in Italia.

Questa quota, che corrisponde a 67,5 milioni di tonnellate (Mt), circa 20 Mtep l’anno (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), può essere così ripartita: 17 Mt di biomassa da boschi (esclusa la legna da ardere), 10,5 Mt di biomasse residuali agricole (paglia), 0,85 Mt di biomasse residuali agro-industriali, 3,2 Mt di biomasse residuali arboree (potature), 12 Mt da coltivazioni energetiche nel set aside e 24 Mt di coltivazioni nei terreni marginali. A questa cifra possono essere aggiunte 132 Mt di deiezioni animali che corrispondono a 1,2 Mtep l’anno, ovvero lo 0,1% del consumo di metano in Italia.

Per ciò che riguarda i biocarburanti il professor Cotana ha illustrato le potenzialità della cosiddetta seconda generazione, ovvero i biofuel ottenuti attraverso l’acidificazione della cellulosa, la separazione degli zuccheri e la fermentazione enzimatica, oppure attraverso il metodo Fischer-Tropsch che permette di eliminare il problema dello smaltimento dei rifiuti tossici (l’unico rifiuto prodotto è la cenere vetrificata) e di ottenere biodiesel di alta qualità al prezzo competitivo di 1 euro al litro. Un impianto pilota di questo genere, della compagnia petrolifera Shell, si trova a Friburgo e produce 18 milioni di litri di biodiesel l’anno.  

Sono stati due, invece, i punti della presentazione di Aldo Abenavoli, di Itabia, che hanno acceso il dibattito nel corso del seminario. Innanzitutto la definizione di biomasse rifiuti e biomasse prodotti, anche alla luce della nuova direttiva europea sulle rinnovabili 2008/98 del 18 novembre 2008, e poi il discorso delle biomasse da filiera corta (entro i 70 chilometri), per le quali, in Italia, è prevista l’incentivazione attraverso lo strumento dei Certificati Verdi per gli impianti superiori a 1 MW e una tariffa onnicomprensiva di 0,28 euro/kW per quelli inferiori a 1 MW.

Per ciò che concerne il biodiesel, dalla relazione della dottoressa Di Somma, di Assocostieri – Unione produttori biodiesel, emerge un quadro che vede una grande capacità produttiva, quella italiana, largamente sottoutilizzata, e che allo stato attuale deve far ricorso a un’alta percentuale di importazione.

Nel 2008, in Italia, sono stati prodotte 658 mila tonnellate di biodesel e ne sono state immesse al consumo 460 mila, a fronte di un’importazione di quasi 220 mila tonnellate. Per comprendere le potenzialità attualmente inespresse del nostro Paese, basta pensare che la capacità produttiva per il 2009 è calcolata intorno alle 2,2 milioni di tonnellate.

In base alle considerazioni della dottoressa Di Somma emerge che difficilmente l’Italia riuscirà a raggiungere l’obiettivo fissato dall’Unione Europea del 10% di biocarburanti sul consumo di benzina e gasolio per autotrazione entro il 2020. Una quota alla quale si può guardare con più realismo è invece quella del 5%.

Attualmente Assocostieri è impegnata in un progetto, chiamato Mambo, per lo sviluppo dei biocarburanti di seconda generazione derivati dalle alghe. Il progetto prevede una prima fase di due anni, che comprende uno studio di fattibilità, e una seconda fase, propriamente industriale, che consisterà di altri tre anni. L’investimento totale per il Progetto Mambo è di 800 mila euro.

Infine il compostaggio. In Italia il problema principale è la mancanza di impianti sia per la produzione di compost (secondo il Cic, Consorzio Italiano Compostatori, mancano circa 100 impianti di taglia medio-grande) che di biogas attraverso il processo di digestione anaerobica. Un dato ancor più grave se si considera che i rifiuti organici rappresentano il 35% dei rifiuti urbani e che nel 2007 ben 20 milioni di italiani hanno fatto la raccolta differenziata dell’umido, senza la quale sarà impossibile raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione Europea.

Sulla base di quanto emerso da questo seminario il Forum delle imprese per lo sviluppo sostenibile ha deciso di formare un tavolo di lavoro e di confronto per cercare di trovare delle risposte agli interrogativi sorti nel corso dell’incontro. L’obiettivo del tavolo di lavoro, secondo Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, sarà quello di elaborare delle definizioni certe di biomasse rifiuto e biomasse prodotto, analizzare i problemi legati all’inevitabile passaggio da biocarburanti di prima a quelli di seconda generazione, individuare delle proposte per l’incentivazione delle biomasse da filiera corte e infine indagare le reali potenzialità dell’Italia sia per ciò che riguarda le biomasse che i biocarburanti, proprio in vista della scadenza europea del 2020.

 

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